agrifake-agriscienza-olio di palma

La disinformazione fa male – olio di palma

Olio di palma

La case history sull’olio di palma credo sia una delle più interessanti dell’ultimo decennio, in particolar modo perché è la dimostrazione pratica che di fronte alla manipolazione dell’opinione pubblica poco può fare la corretta informazione.

Il problema ambientale

Il poco amore dell’opinione pubblica per l’olio di palma parte da un allarme lanciato da alcune associazioni ambientaliste, allarme che aveva tutte le ragioni d’esistere. Anni fa, infatti, troppe foreste venivano abbattute per fare posto a coltivazioni da palma. In Indonesia e in Malesia, centinaia di migliaia di ettari di foreste venivano deforestate per fare spazio a coltivazioni senza alcuna attenzione per gli animali che le abitavano. Giustamente le associazioni in difesa d’animali e ambiente si misero di traverso cercando di sensibilizzare l’opinione pubblica. Nell’orecchio del pubblico generalista l’olio di palma era cattivo (e le cose da allora non sono mai cambiate).

Negli anni, però, le cose dal punto di vista ambientalista sono cambiate. Sono, infatti, nate etichette come “RSPO” e “Green Palm” che certificano proprio il prodotto che arrivava da coltivazioni sostenibili, etichette sostenute per esempio dal WWF.

A un ammorbidirsi delle associazioni ambientaliste verso l’olio di palma ecco, però, che all’inizio del nuovo millennio hanno iniziato a circolare altre notizie che lo attaccavano. Non potendo più sfruttare la deforestazione si è cominciato a parlare di quanto fosse poco salutare. Non che ci fosse nulla di sbagliato, difatti l’olio di palma è un grasso saturo. Generalmente gli oli vegetali sono grassi insaturi, ovvero quelli che non fanno aumentare il “colesterolo cattivo” ma solo quello “buono”. I grassi saturi, principalmente grassi animali (come il burro, per intenderci) fanno aumentare invece il cosiddetto “colesterolo cattivo”. L’olio di palma è un grasso saturo, il che lo accomuna, in quanto a effetti sull’organismo, più o meno al burro.

Sulla base di questa informazione si è visto un proliferare di malinformazione, ovvero un’informazione vera diffusa con l’unico scopo di creare danni. Si tratta di malinformazione in quanto viene diffusa la parte, vera, sul fatto che sia un grasso saturo, ma si omette di evidenziare che fa male come il burro, non di più. Inoltre, l’altra importante informazione che viene omessa è che l’olio di palma è un grasso non idrogenato e questo lo colloca un gradino sopra tanti altri grassi usati nella preparazione di merendine e snack, che sono appunto idrogenati e quindi contenenti molecole lipidiche di grassi trans. Già nei primi anni duemila se ne raccomandava la totale eliminazione dalla dieta.1

Immagini come queste sono diffuse costantemente sui social e via e-mail:

agriscienza-olio di palma-1
agriscienza-olio di palma-2

Purtroppo, una campagna di demonizzazione costante come quella che si è vista contro l’olio di palma porta il consumatore sempre più sulla difensiva.

lo studio dell'efsa

Il problema grosso arriva quando testate nazionali riportano nel 2016 uno studio dell’EFSA usando titoli come questo:

Attenzione all’olio di palma: tossico e cancerogeno. Allarme dell’agenzia per sicurezza alimentare2.

Titoli che contribuiscono alla malinformazione di cui parlavamo poco sopra. E dire che sarebbe bastato leggere lo studio di EFSA3 per rendersi conto che non è basato sull’olio di palma ma sul contenuto di glicidi esteri degli acidi grassi (GE) negli alimenti, con una particolare attenzione a quelli consumati dai bambini. Questi GE non sono una peculiarità dell’olio di palma, come ben riportato nello studio EFSA, ma sono presenti praticamente in tutti i grassi saturi. Quindi, il titolo che avete appena letto avrebbe dovuto far riferimento a tutta la famiglia dei grassi saturi e non solo all’olio di palma, solo così si sarebbe evitata la manipolazione dei fatti e la successiva demonizzazione del prodotto. Guarda caso il titolo dello studio dell’EFSA ben si guarda dal mettere in evidenza l’olio di palma:

Contaminanti da processo in oli vegetali e alimenti.

Appare evidente come l’intento dei titoli che abbiamo visto circolare nel 2016 fosse proprio quello di demonizzare l’olio di palma a favore degli altri grassi saturi.

A causa di questo genere di demonizzazione arrivano le prese di posizione da parte della grande distribuzione, tra cui una delle più grosse catene italiane che nel 2016 dice addio all’olio di palma con una campagna pubblicitaria di grande impatto:

Sarebbe interessante poter quantificare quante persone abbiano comprato prodotti alimentari convinti del loro esser più salutari per merito dell’assenza dell’olio di palma, quando gli studi riportavano come tutti i grassi saturi facessero male più o meno alla stessa maniera.

Sempre nel 2016 qualcun altro in Italia tentava di spezzare una lancia in favore dell’olio di palma, il professor Dario Bressanini, docente di chimica all’Università degli studi dell’Insubria e noto divulgatore scientifico, il quale, durante una conferenza organizzata dalla Camera di Commercio di Torino e dall’università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, ha rilasciato questa dichiarazione4:

“Va molto di moda creare un solo alimento colpevole ed esaltare ‘supercibi’ che fanno bene, ma gli allarmismi ed i facili entusiasmi hanno poco senso, anzi sono controproducenti. L’unica strada da seguire per la salute è la dieta variata senza eccessi. Ed è molto meglio che le industrie alimentari mettano in etichetta cosa c’è piuttosto che apporre scritte su cosa non c’è nei prodotti (…) ha poco senso additare un elemento complesso come qualsiasi grasso alimentare dandogli la colpa di causare patologie, quando se le stesse molecole sono contenute in altri oli. Per certe applicazioni i sostituti suggeriti al posto dell’olio di palma sono cento volte peggio. E l’olio di palma ha anche dei vantaggi come, ad esempio la resistenza all’ossidazione. Certi grassi insaturi che vanno tanto di moda, invece, come olio di mais o girasole, sono a rischio di processi di ossidazione che possono formare sostanze tutt’altro che benefiche per l’organismo umano.”.

Ancor più interessante è riportare che due anni dopo aver pubblicato quello studio su cui si sono basate le campagne di demonizzazione la stessa EFSA ha cambiato le carte in tavola aumentando la dose giornaliera tollerabile di quegli elementi contaminati.

Da 0,6 μg/kg a 2,0 μg/kg. Come spiegava il Dott Hogstrand , uno degli autori dello studio del 2016 e di quello del 2018:

“Abbiamo calcolato i livelli ai quali potrebbero verificarsi effetti nocivi su reni e fertilità maschile: la DGT aggiornata è protettiva per entrambi i tipi di effetti.”.

Purtroppo, a spingere la battaglia contro l’olio di palma ci sono precisi interessi economici visto che la palma in Europa non è coltivata come invece succede in altre aree del mondo. Questo ha fatto sì che da un lato ci fossero lobby economicamente interessate a questa demonizzazione, mentre dall’altro gli scienziati e le agenzie per la sicurezza alimentare che, pur portando dati a favore del suo utilizzo, non hanno la stessa potenza di fuoco per contrastare chi invece quell’uso lo contrasta. E difatti tra il 2016 e il 2018 abbiamo visto via via più marche rinunciare all’olio di palma, sostituito da altri grassi ugualmente (e in certi casi anche più) dannosi e spesso più costosi. L’olio di palma, come tutti i grassi saturi e gli altri oli vegetali, fa male se assunto senza moderazione. Per le aziende usarli è però economicamente conveniente, quindi alla palma non sostituiscono prodotti di alta qualità che non presentino rischi per la nostra salute e quella dei nostri bimbi, ma prodotti equivalenti che presentano rischi simili a quelli già visti.

Se il motivo del non amare l’olio di palma è il rispetto dell’ambiente, un buon modo per rispettare le preoccupazioni etiche è quello delle certificazioni di coltivazioni sostenibili: le leggi nei paesi produttori ci sono già, chi non le rispetta non ottiene la certificazione. Se, invece, il motivo è la considerazione salutista, il suggerimento è quello di imparare ad approfondire e non fermarsi ai titoli sensazionalistici di alcune testate.

Note
[1]: The Demise of Artificial Trans Fat: A History of a Public Health Achievement- Wiley Online Library 3 agosto 2021 https://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1111/1468-0009.12515

[3]: European Food Safety Authority – Contaminanti da processo in oli vegetali e alimenti – https://www.efsa.europa.eu/it/press/news/process-contaminants-vegetable-oils-and-foods

[5]: EFSA – 10 gennaio 2018 – Aggiornamento del limite di sicurezza per 3-MCPD in oli vegetali e alimenti – https://www.efsa.europa.eu/it/press/news/180110

type to search