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Come si registra un agrofarmaco

Il processo di valutazione dei prodotti fitosanitari è lungo, complesso, nonché molto oneroso per le case produttrici. Il rispetto delle indicazioni d’uso riportate in etichetta dà, quindi, massima garanzia di sicurezza per uomo, animali e ambiente

L’autorizzazione all’immissione in commercio e all’uso dei prodotti fitosanitari è garantita dopo che gli organismi competenti, EFSA (European Food Safety Authority) e EChA (European Chemicals Agency) e, infine, la Commissione Europea e i competenti ministeri degli stati membri dell’Unione Europea (in Italia il Ministero della Salute), hanno valutato una corposa mole di studi e documenti che le industrie produttrici hanno l’obbligo di sottoporre all’esame delle autorità competenti. Per poter essere autorizzato all’uso, un prodotto fitosanitario deve soddisfare, fra gli altri, i seguenti requisiti in seguito al suo uso corretto:

  • essere sufficientemente efficace;
  • non avere alcun effetto avverso, immediato o ritardato, sulla salute umana o animale;
  • non avere alcun effetto inaccettabile sui vegetali o sui prodotti vegetali.

Gli studi che servono a definire le condizioni citate devono essere eseguiti in accordo con protocolli sperimentali approvati e condivisi dalla comunità scientifica al fine di garantire qualità uniforme e adeguatezza dei dati forniti.

Da notare che di questi studi, eseguiti di solito da laboratori privati e pagati dalle ditte produttrici, sono forniti tutti i dati cosiddetti “grezzi”, ovvero ogni singolo dato di ogni singolo animale o di ogni singola determinazione, affinché gli esperti dell’ente pubblico incaricato della valutazione abbiano la possibilità di verificare le elaborazioni statistiche proposte dal laboratorio o possano eseguire elaborazioni statistiche diverse, se ritengono che siano più appropriate di quelle eseguite da chi ha condotto lo studio. Inoltre, poiché questi studi sono eseguiti secondo le Buone Pratiche di Laboratorio (Good Laboratory Practice, GLP) e con controllo di qualità (Quality Assurance, QA) è molto difficile, se non impossibile, che vi sia una manipolazione dei dati.

Questi studi differiscono da quelli presenti nella letteratura scientifica in quanto questi ultimi non seguono le GLP e, generalmente, neanche protocolli standardizzati, presentano solo i dati sintetici (media, mediana, deviazione standard etc.) scelti dagli autori e non mettono a disposizione tutti i dati grezzi che ne permettano una rivalutazione. Da questo punto di vista, tali studi possono essere meno affidabili di quelli condotti secondo GLP e QA.

Solo per la parte tossicologica la documentazione comprende come minimo test di tossicità acuta (più specie animali), a breve termine (tre specie animali), a lungo termine e di cancerogenesi (topo e ratto), di riproduzione e teratogenesi (due specie animali), di genotossicità, neurotossicità, di sensibilizzazione e irritazione, cutanea e delle muscose, e oculare. Per questa parte, l’impegno richiesto è di quattro-sei anni e alcune decine di milioni di euro.

Oltre agli studi tossicologici sono anche obbligatoriamente eseguiti gli studi di efficacia agronomica e gli studi per gli effetti sull’ambiente: questi ultimi comprendono studi di degradazione nel suolo, percolazione nelle acque di falda, dispersione in acque superficiali e in aria, effetti su flora e fauna terrestre, acquatica e dell’aria. Anche questi studi sono molto numerosi e costosi e condotti secondo GLP e QA. Questa parte del dossier è ancora più costosa e spesso richiede anche più tempo di quanto richiesto dalla parte tossicologica.

In conclusione, la preparazione di un dossier di studi necessari all’autorizzazione all’immissione in commercio e uso di un prodotto fitosanitario richiede molti anni e un impegno economico nell’ordine di qualche centinaio di milioni di euro.

Il dossier è valutato poi dall’ente pubblico che di solito impiega almeno due anni per concludere la valutazione. Oltre al dossier preparato dalla ditta, l’ente pubblico valuta anche tutti gli studi pubblicati nella letteratura scientifica. Ovviamente, per un composto non ancora autorizzato in letteratura scientifica vi saranno ben pochi o nessuno studio, mentre per composti in uso da molti anni e molto utilizzati vi saranno anche centinaia o migliaia di pubblicazioni, come nel caso dell’erbicida glifosate.

In seguito all’uso corretto dei prodotti fitosanitari si definiscono, sulla base di numerosi e appropriati studi, i Limiti Massimi di Residuo (LMR o MRL in inglese) che si possono trovare nelle derrate alimentari, nonché i limiti di esposizione per l’ambiente e per l’uomo. Per l’uomo, in particolare, si definiscono:

  • la Dose Giornaliera Accettabile (GDA o ADI in inglese), massima quantità di sostanza espressa in mg/kg di peso corporeo, alla quale un individuo può essere esposto giornalmente nell’arco di tutta la vita senza rischio per la salute;
  • la Dose Acuta di Riferimento (ARfD in inglese), quantità di sostanza espressa in mg/kg di peso corporeo che può essere ingerita in un periodo di 24 ore o minore senza rischio per la salute;
  • per l’agricoltore il livello accettabile di esposizione (AOEL in inglese), massima quantità di sostanza espressa in mg/kg di peso corporeo cui l’operatore può essere esposto senza alcun effetto avverso per la salute;
  • per l’ambiente si stimano le concentrazioni attese in aria, acqua, suolo e gli effetti su flora e fauna.

il tema dei residui

L’utilizzo di prodotti fitosanitari può comportare la presenza di residui nei prodotti trattati o negli animali alimentati con tali prodotti. Sulla base di studi controllati si definiscono i livelli di residuo che si possono trovare nelle derrate alimentari in seguito all’uso corretto dei prodotti fitosanitari. La misura dei residui negli alimenti e il loro confronto con i Limiti Massimi di Residuo (LMR/MRL) servono per capire se il prodotto fitosanitario è stato usato correttamente ma il loro superamento nulla ci dice sui possibili effetti sulla salute. Infatti, gli MRL sono stabiliti sulla base di considerazioni agronomiche e non di salute, anche se poi vengono ovviamente accettati solo se compatibili con la salute stessa. Cioè, un prodotto fitosanitario è autorizzato solo se la quantità di residuo ingerito con la dieta è inferiore a ADI e ARfD. Ugualmente, per l’agricoltore vi deve essere un’esposizione in seguito all’attività di applicazione del prodotto inferiore all’AOEL.

Se queste condizioni non sono rispettate, il composto non è autorizzato. È evidente, quindi, che il superamento dei LMR/MRL non ha significato diagnostico di malattia o indicatore di rischio per la salute. Infatti, è possibile e molto spesso accade che le stime di assunzione con la dieta basate sugli MRL siano dieci, 100 volte più basse dei limiti stabiliti per la salute (ADI e ARfD). Pertanto, anche superamenti del doppio o anche di dieci volte degli MRL non pongono alcun rischio per la salute, mentre sono indice di pratiche agronomiche non rispettose delle indicazioni d’etichetta.

L’uso autorizzato comprende anche le colture sulle quali il prodotto si può applicare nonché le precauzioni da adottare. Queste comprendono le dosi e gli eventuali mezzi di protezione personale e sono indicate nell’etichetta che deve essere approvata dall’autorità competente (in Italia il Ministero della Salute) e alla quale l’utilizzatore si deve attenere. Sulla base di queste considerazioni, è evidente che un corretto uso dei prodotti fitosanitari non comporta rischi per la salute dei lavoratori e dei consumatori. I rischi maggiori per il lavoratore derivano certamente da episodi accidentali di esposizione acuta.

In conclusione, è possibile affermare che l’utilizzo dei prodotti fitosanitari in maniera corretta, secondo le indicazioni fornite in fase di autorizzazione alla vendita e all’uso, non provoca rischi per i lavoratori, per i consumatori o per l’ambiente. I rischi reali cui fare attenzione sono quelli derivanti da elevate esposizioni accidentali o da un uso non corretto dei prodotti.

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