Considerazioni sul ruolo agronomico di glifosate
Efsa conferma l’assenza di criticità tali da impedire il rinnovo europeo della sostanza attiva. Alcune criticità spingono però a considerare pratiche di campo maggiormente virtuose per minimizzarne la diffusione ambientale
di Aldo Ferrero
Glifosate è la sostanza attiva più utilizzata al mondo per la gestione della vegetazione indesiderata, rappresentando circa il 33% de consumo totale di erbicidi. Il successo di questa sostanza è essenzialmente legato a una serie di caratteristiche favorevoli, quali l’elevata efficacia, l’ampio spettro d’azione e il costo non elevato, con poche alternative equivalenti, come evidenziato in un recente studio condotto a livello europeo[1].
Assorbito dalle parti verdi delle piante, glifosate circola in esse in modo sistemico, raggiungendo anche gli organi sotterranei, devitalizzando in tal modo la totalità della vegetazione annuale e poliennale, arbustiva e arborea. La molecola agisce infatti bloccando l’attività di un enzima (ESPS) presente soltanto nei vegetali.
A contatto con il suolo è fortemente adsorbito dalla componente organica e minerale, con perdita dell’efficacia erbicida, tanto da consentire la semina di una coltura già un giorno dopo la sua applicazione.
Attuali impieghi di glifosate
Per queste sue caratteristiche, glifosate viene impiegato come diserbante non residuale ad azione totale nei sistemi colturali arborei ed erbacei e nelle aree extra-agricole. Gli impieghi autorizzati in Italia non prevedono alcun contatto diretto o indiretto con prodotti destinati all’alimentazione umana o animale.
Nelle colture arboree da frutto e nei vigneti viene ordinariamente distribuito soltanto lungo il filare (corrispondente a 1/3 -1/4 dell’intera superficie), in combinazione con lo sfalcio degli interfilari, mantenuti inerbiti. Negli oliveti viene impiegato in alternanza con interventi meccanici o a integrazione di diserbanti residuali lungo la fila e nei sottochioma per favorire la raccolta da terra delle olive.
Si stima che la totale superficie italiana delle colture arboree, frutticole, viticole e olivicole pari a circa 2,5 milioni di ha, sia interessata per il 50% da almeno un trattamento all’anno con glifosate.
Inoltre, è stato calcolato che la sostituzione di glifosate con altri mezzi, chimici e non chimici, comporterebbe un maggior costo nelle sole colture arboree variabile da 135 a 265 €/ha, con un efficacia, in generale, inferiore.
Nelle colture erbacee il prodotto è ampiamente utilizzato per il controllo della vegetazione spontanea soprattutto di quella poliennale tra due cicli colturali, o prima della semina o con le coltivazioni in atto, mediante idonee apparecchiature di distribuzione per evitare il contatto con le piante utili.
Fondamentale è il ruolo di glifosate nei sistemi conservativi, caratterizzati dalla semina delle colture su terreno sodo, senza lavorazione, una pratica fortemente sostenuta da indirizzi politici comunitari, nazionali e regionali per la sua importante valenza ambientale: minori emissioni di gas a effetto serra (GHG) e una maggiore quantità di sostanza organica e una maggiore biodiversità nel suolo.
Per questa applicazione le alternative a glifosate sono quasi solo rappresentate dal ricorso alle colture di copertura, da devitalizzare prima della semina con interventi meccanici, essendo l’impiego delle alternative chimiche pressoché limitato all’uso di pochi graminicidi caratterizzati da una parziale efficacia della vegetazione presente.
Non solo usi agricoli
Nell’ambito extra-agricolo, glifosate può essere impiegato nelle aree industriali, rurali (fossi e canali) e civili, (aree urbane e periurbane, bordi stradali e autostradali, massicciate ferroviarie, siti di interesse archeologico). Ciò per mantenere la funzionalità e la fruibilità delle opere e dei manufatti, per contenere il rischio di danno estetico, di sicurezza nella circolazione e della salute pubblica. Per esempio, pollinosi e dermatiti quali quelle causate dalla presenza di Ambrosia spp. e Heracleum mantegazzianum). L’impiego in questo settore è stimato in circa 10 % del totale utilizzato.
L’importanza di glifosate
In questo quadro è opportuno anche sottolineare l’importante ruolo svolto da questo prodotto, sia pure con alcune limitazioni di impiego, nella gestione della vegetazione infestante lungo le diverse migliaia di chilometri di linee ferroviarie distribuite nel nostro paese. Va osservato che il ricorso ad altri strumenti chimici e non chimici determinerebbe un incremento dei costi gestionali di almeno 8 volte. In alcune situazioni, il prodotto rappresenta anche un importante strumento nella gestione della vegetazione spontanea nei siti di interesse storico; basti pensare agli interventi di bonifica ed eradicazione di piante dallo sviluppo devastante effettuata a Pompei e Selinunte negli anni ‘90.
È poi importante ricordare che negli ambienti urbani l’impiego di glifosate non è ammesso nelle aree frequentate dalla popolazione o gruppi vulnerabili, cioè parchi, giardini, campi sportivi e aree ricreative, cortili ed aree verdi, interno di plessi scolastici, aree gioco per bambini e adiacenti alle strutture sanitarie.
Necessario usare glifosate in modo corretto
Glifosate, come ogni altro mezzo chimico e non solo, deve essere utilizzato in modo tecnicamente appropriato e corretto, per evitare effetti sfavorevoli quali il rischio di insorgenza di fenomeni di resistenza e di contaminazione delle acque. La resistenza nei confronti del prodotto riguarda, oggi, nel nostro paese soprattutto le infestanti Lolium e Conyza canadensis e occasionalmente Eleusine indica nei vigneti, frutteti oliveti e noccioleti, oltre che nei terreni in cui si pratica la semina diretta senza lavorazione.
Il problema della resistenza deve essere affrontato sia a livello preventivo, sia curativo, adottando pratiche di gestione basate sull’uso combinato dei diversi strumenti agronomici e meccanici disponibili, in grado di limitare la diffusione dei semi e dei propaguli delle malerbe a maggior rischio di resistenza (ad es. interventi di sfalcio prima della disseminazione). Oppure ricorrendo ai non numerosi erbicidi specifici in grado di controllare lo sviluppo delle singole specie a rischio di resistenza.
Glifosate e le acque
Come evidenziato dai rapporti dell’Istituto Superiore per Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), il rischio di contaminazione delle acque si riferisce soprattutto al superamento dei limiti ammessi di residui di glifosate e del suo metabolita AMPA nei corpi idrici superficiali.
Tali limiti, corrispondenti agli standard di qualità ambientale, corrispondono anche al valore stabilito per le acque per il consumo umano (0,1 µg/L), ovvero microgrammi per litro. In generale risulta decisamente molto più limitato il rischio di contaminazione delle acque profonde a prova della ridotta capacità di percolazione di questa molecola erbicida.
Da un punto di vista ecotossicologico le concentrazioni riscontrate nelle acque (frazioni di µg/L) non destano significative preoccupazioni reali, poiché servirebbero concentrazioni di alcuni ordini di grandezza superiori per causare qualche effetto avverso agli organismi acquatici. Ciò non di meno, la salvaguardia della qualità delle acque costituisce un aspetto da tenere sempre in attenta considerazione, non soltanto in relazione all’impiego di glifosate o di altri prodotti per la produzione agricola.
A questo riguardo è ipotizzabile che i maggiori rischi di contaminazione delle acque superficiali siano soprattutto legati all’uso di glifosate sugli argini dei canali e dei fossi. Per questo tipo di impiego è fondamentale che venga scupolosamente rispettato l’intervallo di un mese tra la distribuzione del prodotto e l’immissione dell’acqua, come prescritto nell’etichetta dell’erbicida.
Conclusioni
Dal punto di vista tecnico-agronomico glifosate costituisce ancora oggi uno strumento di notevole utilità per la gestione della vegetazione spontanea nei settori agricoli ed extra-agricoli, per la sua notevole efficacia, versatilità e economicità, con poche alternative equivalenti.
Va ancora ricordato che, soprattutto il ricorso alle alternative non chimiche, darebbe luogo ad una maggiore onerosità e complessità nell’organizzazione aziendale, sia in termini di parco macchine richiesto, sia di ore di lavoro necessarie, con importanti vincoli nei sistemi colturali più specializzati.
Come per tutti gli strumenti utilizzati in agricoltura e, più in generale, nelle diverse attività umane il prodotto va utilizzato comunque con professionalità e buon senso per evitare ogni possibile effetto sfavorevole.
RIFERIMENTI
[1] S. Fogliatto, A. Ferrero, F. Vidotto (2020): “Current and future scenarios of glyphosate use in Europe: Are there alternatives?”. Advances in Agronomy, Volume 163, pagg. 219-278.