agriscienza-articoli-consumo-di-suolo

Consumo di suolo: un’emorragia da fermare

Prosegue la sottrazione di terreni agricoli e naturali da parte dell’urbanizzazione industriale e civile. Sempre meno terra coltivabile e superfici assorbenti per le piogge, un trend confermato anche dall’ultimo report Ispra.

Giunto all’ottava edizione, il report di Ispra sul consumo dei suoli conferma l’emorragia di terreni dovuti all’urbanizzazione civile e industriale, causa di una continua cementificazione dei territori che a sua volta ne comporta l’impermeabilizzazione. Il rischio idrogeologico continua quindi ad aumentare, essendo diminuiti ulteriormente i suoli liberi di assorbire le acque piovane, divenute queste a loro volta sempre più intense e concentrate a seguito del progressivo cambiamento climatico. Frane, alluvioni e allagamenti rischiano cioè di aumentare ulteriormente se il trend dovesse confermarsi lo stesso degli ultimi decenni.

Un trend che purtroppo non mostra invece battute d’arresto come rivela anche l’ultimo report di Ispra, il sistema nazionale per la protezione dell’ambiente. Anche gli ultimi dati pubblicati nel 2021 evidenziano infatti le molteplici criticità dovute all’ulteriore consumo di suolo nelle zone periurbane e urbane. Sono infatti soprattutto queste a mostrare un continuo e significativo incremento delle superfici impermeabilizzate a scapito delle aree agricole e naturali. A ciò concorre anche il consequenziale sviluppo del sistema infrastrutturale reso necessario dalla realizzazione dei nuovi poli logistici e commerciali.

Solo nel 2020 le nuove strutture e infrastrutture artificiali hanno coperto altri 56,7 kmq. In media sono cioè andati perduti oltre 15 ettari al giorno, un dato in linea con quelli rilevati in passato. In termini di consumi di suolo pro-capite, espresso come metri quadri per abitante in Italia, dal 2018 al 2020 si sono rilevate perdite di terreni pari rispettivamente a 355, 357 e 359 metri quadri pro-capite. Un trend in leggero aumento, quindi, nell’ultimo triennio. Tali cambiamenti si sono concentrati nel 2020 in alcune specifiche aree ad alto grado di cementificazione, come Lombardia, Veneto e in generale nelle pianure del Nord Italia. A seguire, resta comunque preoccupante anche il trend lungo le coste siciliane, della Puglia meridionale e della costa adriatica, come pure nelle specifiche aree metropolitane di Roma, Milano, Napoli, Bari e Bologna.

Inoltre, secondo Confagricoltura Piemonte, in soli trent’anni sarebbe andato perso il 20% circa delle superfici agricole regionali, mentre su scala nazionale, fra terreni agricoli e territori naturali, sarebbero stati urbanizzati e coperti circa 21.400 chilometri quadrati, pari a oltre due milioni di ettari. Soltanto nel 2020 sarebbero andati perduti altri 5.170 ettari coltivabili, per un calo stimato pari a 208 milioni di euro in termini di produzione agro-silvicola, questo tra il 2012 e il 2020. Un dato, quello del 2020, che si mostra in linea con quanto registrato nei due anni precedenti, con -5.090 ettari nel 2018 e -5.186 nettari del 2019.

Purtroppo, tali terreni è quasi impossibile vengano recuperati, poiché se un prato spontaneo viene convertito in uno coltivato, il terreno può ancora assorbire le piogge e ospitare molteplici forme di vita, con la conseguente captazione di anidride carbonica necessaria alla crescita delle piante. Al contrario, se un suolo viene coperto per realizzare un parcheggio, un palazzo o dei capannoni industriali, nulla potrà più tornare come prima.

LETTURE CONSIGLIATE
type to search