La disinformazione fa male – grano

GRANO

In Italia siamo molto orgogliosi della nostra alimentazione, consideriamo da sempre la nostra cucina la migliore al mondo e la base comune di tanti piatti regionali è la pasta.

Pasta che, secondo l’immaginifico che ci viene tramandato generazione dopo generazione, dovrebbe essere fatta con grano al 100% italiano perché, così non fosse, il rischio è che si tratti di pasta di scarsa qualità realizzata con grano scadente. La credenza che il nostro sia il grano migliore al mondo è cresciuta di anno in anno al punto che ultimamente si è visto un proliferare di pastifici che pubblicizzano pasta 100% italiana.

Grani dal mondo

La prima specifica da fare è sul tipo di grano: quando parliamo di grano italiano e dei nostri primati stiamo sempre parlando di grano duro, di cui, insieme al Canada e agli Stati Uniti, siamo tra i principali produttori mondiali.

Ma quello che molti non sanno è che il grano duro è una nicchia della produzione internazionale di frumento. Stiamo parlando del 5% della produzione totale, davvero piccola cosa. L’altra informazione di cui pochi sono a conoscenza è che il grano duro non è autoctono, ma si ritiene che tutto il grano duro mondiale sia originario di un’area che comprende Turchia, Siria, Iran e Iraq[1].

Quindi è sbagliato vedere l’Italia come la culla del grano duro, non è da noi che se ne trovano le prime tracce, da noi è arrivato grazie a commerci e importazioni. Ma noi ne facciamo un largo uso visto che siamo i principali produttori al mondo di pasta di grano duro, seguiti da Stati Uniti, Turchia e Brasile oltre che i primi per consumo (23,1 chilogrammi a testa all’anno).[2]

Quindi, in qualità di principali produttori e consumatori, sul tema grano duro dovremmo essere decisamente ferrati. Invece, purtroppo, la disinformazione sul grano duro viene costantemente diffusa. La disinformazione che viene condivisa è sempre la stessa: si accusano i pastifici italiani di non usare grano 100% italiano bensì quello importato, con conseguente abbassamento della qualità del prodotto finale.

La prima cosa da spiegare chiaramente è che importare grano duro per noi in Italia è una necessità: il nostro Paese, pur essendone il principale coltivatore, non ne ha a sufficienza né per il consumo interno né per la produzione da esportare.

Come spiegava il Fatto Alimentare già nel 2013[3]

“Il grano duro italiano copre solo il 65 % del fabbisogno, occorre importare frumento da Paesi come Canada, Stati Uniti, Sudamerica. Anche per il grano tenero vale la stessa cosa poiché il prodotto interno copre solo il 38% di ciò che richiede il settore, con importazioni da Canada, Francia, ma anche Australia, Messico e Turchia.”

I soggetti che invitano ad acquistare solo pasta fatta al 100% con grano italiano sono in malafede, stanno diffondendo malinformazione, probabilmente per favorire qualche specifico produttore che, essendo di nicchia, riesce a produrre al 100% con grano duro italiano. Ma, come vi abbiamo appena spiegato, questo sistema non è replicabile: se tutti producessero pasta con grano 100% italiano ci sarebbe un’immensa riduzione della disponibilità del prodotto e un conseguente aumento del prezzo.

E invece, specie contro i marchi più noti, la rete pullula di inviti al boicottaggio per le aziende che non facciano uso al 100% di grano duro italiano. La seguente frase è una delle tante che è possibile trovare online. Il testo, tutt’ora presente in rete, risale al 2012:

“…Dobbiamo comprare solo pasta da grano duro coltivato in Italia e Biologico, senza micotossine, né pesticidi né OGM.” [4]

Se si facesse come invitano questi messaggi il costo della pasta lieviterebbe in maniera impressionante. Impossibile, difatti, avere raccolti abbondanti senza che siano presenti micotossine entro i limiti di legge o che siano usati “pesticidi”. Sia per quanto riguarda l’uso dei “pesticidi” che la presenza delle micotossine ci sono precisi regolamenti imposti sia dall’Unione Europea[5] che dai singoli Paesi, regolamenti che spiegano quali siano le concentrazioni di determinati elementi (tra cui le micotossine e gli agrofarmaci) oltre le quali non è possibile vendere quel prodotto. Inoltre, la prima varietà di grano geneticamente modificato è recente, con una varietà di frumento, questa volta “tenero”, chiamato BH4 e sviluppato in Argentina per meglio resistere alla siccità. Ciò grazie all’inserimento nel genoma del grano di alcuni geni derivanti dal girasole, pianta notoriamente meno sensibile alle carenze idriche. Quindi, al momento in cui si sollecitava il rifiuto del grano OGM, questo nemmeno esisteva e sarebbero passati dieci anni prima che esistesse. Peraltro, le rese del BH4 sono circa del 20% superiori in caso di siccità. Un dato che, visti i cambiamenti climatici e le loro conseguenze sull’agricoltura, dovrebbe far meditare sull’ostinazione di taluni nel dirsi contrari alle biotecnologie.

Nel corso degli anni mi è capitato spesso di dover verificare titoli allarmistici come questo del 2017:

“LO DICONO LE ANALISI: DON, GLIFOSATE E CADMIO PRESENTI NEGLI SPAGHETTI”

Titoli che vengono fatti circolare per spaventare il consumatore a discapito delle tante marche italiane, titoli che sono un danno per l’industria nel suo complesso e che servono a favorire solo specifici produttori.

È vero che nella pasta è possibile trovare le sostanze citate, ma con valori ampiamente al di sotto dei limiti di legge, limiti che sono già di per sé molto inferiori rispetto ai valori per cui la concentrazione di una sostanza può diventare pericolosa. Per spiegare meglio la cosa, prendiamo una tabella che viene utilizzata per denunciare la presenza di questi contaminanti:

Se leggiamo colonna per colonna ci accorgiamo che i numeri sono di molto inferiori ai limiti imposti nel nostro Paese, che sono inferiori ai numeri imposti a livello europeo. Quindi sì, è vero, nel grano che usiamo per fare la pasta è possibile trovare delle sostanze contaminanti ma in concentrazioni più basse rispetto ai limiti imposti, cioè quelli che non devono destare preoccupazione alcuna. Nella prima colonna della tabella leggiamo la concentrazione di DON, che è una micotossina. Per i cereali destinati al consumo umano diretto, come pure per le farine di cereali, la legge stabilisce 750 µg/kg[6] (microgrammi per chilo di prodotto). Il valore più alto fra quelli riportati è pari a 381 ppb (parti per miliardo, ovvero microgrammi per chilo). Siamo quindi a circa la metà dei limiti europei, già di per sé da considerarsi molto cautelativi.

Seconda colonna, glifosate: massimo valore riportato 0.110 mg/kg[7], la dose acuta di riferimento (ArfD), cioè quella massima considerata sicura per una singola assunzione isolata, è pari a 1,75 mg/kg di peso corporeo. Mentre l’ADI (acceptable daily intake) è la dose considerata sicura per assunzioni giornaliere di lungo periodo, in teoria per tutta la vita. Questa è invece pari a 0,5 mg/kg di peso corporeo. In sostanza, la tossicologia ci dice che per una persona di 60 chilogrammi di peso sono da considerarsi sicure singole assunzioni di glifosate pari a 105 milligrammi, dose che scende a 30 milligrammi in caso l’assunzione sia continuativa su base giornaliera. Considerando un consumo di pasta di 100 grammi/giorno, ben superiore alla media nazionale), si assumerebbero 0,011 milligrammi di glifosate. Ovvero lo 0,01% e lo 0,036% dell’ArfD e dell’ADI, rispettivamente validi per una persona di 60 chilogrammi.  Non a caso, i residui trovati sono stati sempre sotto ai limiti imposti dalla CE. Peraltro, i dati riportati sono sul crudo, non sul cotto, cioè quello che entra davvero nei piatti dei cittadini.

Analogamente, lo stesso discorso vale anche per il Cadmio, risultato anch’esso sempre al di sotto dei limiti europei[8].

Purtroppo, negli anni sono tante le realtà che hanno cavalcato questa malinformazione. La guerra alle importazioni di grano evidentemente rende bene. Nel 2017 alcune associazioni tra quelle contrarie alle importazioni di grano estero denunciarono la presenza di navi con le stive piene di grano contaminato. Era grano che arrivava dal Canada, le analisi fatte dai laboratori (non accreditati) riportarono che il grano non era conforme alle norme vigenti portando di fatto al blocco del carico.

Raccontò a NewsFood Nunzio Panaro, all’epoca (e fino a maggio di quest’anno) Presidente dell’Associazione Meridionale Cerealisti[9]:

“…Eravamo convinti della bontà del prodotto e che questo polverone si sarebbe chiarito. Purtroppo, resta l’amarezza che i costi del fermo della nave sono di 25 mila dollari al giorno. Chi sosterrà queste spese considerato che i giorni di fermo sono quattordici, per un costo complessivo di circa 250/300 mila dollari? Ve lo dico io, noi contribuenti. Ma oltre a questo danno economico, la faccenda è aggravata dal danno d’immagine attraverso le reti televisive nazionali ed internazionali, e numerosi articoli sui quotidiani…”

Come dicevamo, la disinformazione fa male, in questo caso fa male ai pastifici italiani (eccetto quei pochi che possono permettersi di fare pasta solo con grano italiano) e fa male al nostro portafoglio di consumatori attenti.

Note

[1]: Geografia della coltivazione del grano duro, Roberto Ranieri Open Fields su Pastaria.it del 14 dicembre 2015:  https://pastaria.it/geografia-della-coltivazione-del-grano-duro/

[2]: Gazzetta di Parma 15 ottobre 2020, World Pasta Day: Italia primo produttore al mondo: https://www.gazzettadiparma.it/gusto/2021/11/24/news/world-pasta-day-italia-primo-produttore-al-mondo-67345/

[3]: Il falso mito del cibo 100% italiano, Eleonora Viganò, 3 dicembre 2013: https://ilfattoalimentare.it/100-italiano-materie-prime-grano.html

[4]: 27 aprile 2012 – pagina Facebook Manifestazione ad oltranza a Roma contro la politica e la crisi

[5]: REGOLAMENTO (CE) N. 1881/2006 DELLA COMMISSIONE del 19 dicembre 2006 che definisce i tenori massimi di alcuni contaminanti nei prodotti alimentari: https://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:L:2006:364:0005:0024:IT:PDF

[6]: Micotossine e tossine vegetali nella filiera agro-alimentare Rapporto Istituto Superiore di Sanità, giugno 2019: https://www.iss.it/documents/20126/0/20-20+web.pdf/e002be7c-88eb-68c8-00d6-ed0d076091a3?t=1604321840232

[7]: Ministero della salute, Sicurezza e regolamentazione dei prodotti fitosanitari, 1° agosto 2016: https://www.trovanorme.salute.gov.it/norme/renderNormsanPdf?anno=2016&codLeg=55619&parte=1%20&serie=null

[8]: REGOLAMENTO (CE) N. 1881/2006 DELLA COMMISSIONE del 19 dicembre 2006 che definisce i tenori massimi di alcuni contaminanti nei prodotti alimentari: https://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:L:2006:364:0005:0024:IT:PDF

[9]: Giovanni Mercadante per NewsFood: IL GRANO CANADESE HA SUPERATO LE ANALISI IMPOSTE DALLA PROCURA CON 6 ESPERTI: https://newsfood.com/grano-canadesem-ok-paga-ora-costi-fermo-nave-controbuenti/

type to search