La disinformazione fa male – Xylella
XYLELLA
Nel 2013 vengono segnalati i casi di alcuni oliveti pugliesi in cui si sono verificati diversi episodi di disseccamento di alcune piante. Le analisi su queste piante portano alla scoperta che sono state colpite da alcuni agenti patogeni, uno di questi è “Xylella fastidiosa”, noto per causare questo tipo di disseccamento. Si tratta di un batterio i cui diversi ceppi sono capaci di attaccare olivo, vite, pesco, mandorlo e diverse specie di agrumi. È un batterio incluso nella lista degli organismi nocivi da quarantena dell’Unione Europea, pericoloso in quanto si diffonde molto velocemente anche grazie agli insetti che si nutrono della linfa xylematica e che trasportano il batterio da pianta a pianta. Nel caso degli ulivi il patogeno è diffuso soprattutto da Phylaenus spumarius, cicalina chiamata volgarmente “sputacchina”.
Fin da subito è evidente come la lotta chimica curativa, atta al controllo dell’insetto vettore, non sia più attuabile: il batterio ha colpito troppe piante, occorre procedere prima di tutto alla rimozione degli olivi infetti, pur non trascurando il controllo della sputacchina. Da subito gli esperti specificano che nelle aree dove il contagio c’è già stato occorre procedere a:
- estirpazione delle piante infette;
- rimozione o devitalizzazione dell’apparato radicale infetto;
- monitoraggio delle piante limitrofe;
- eliminazione delle specie erbacee infestanti, ospiti intermedie della cicalina;
- esecuzione di trattamenti insetticidi contro gli insetti vettori.
Purtroppo, anche stavolta siamo di fronte a un caso in cui la disinformazione ha preso il sopravvento sulla razionalità, creando un’emergenza Xylella che non sarebbe dovuta esistere se si fosse agito secondo scienza e coscienza.
Nel 2013 si trattava di casi isolati, si era ancora perfettamente in tempo per intervenire e bloccare l’evoluzione dell’infezione.
Nel 2014 cominciano invece i primi dissidi: per non dover estirpare le piante infette alcune associazioni propongono rimedi non scientifici sostenendo possano essere risolutivi.
I rimedi della nonna
Senza alcuna evidenza scientifica viene diffusa la notizia che per difendersi dalla Xylella dovrebbe bastare la poltiglia bordolese, ovvero un fungicida rameico di contatto che veniva usato fin dai tempi dei romani. Diversi cittadini e associazioni, come pure tecnici e sedicenti tali propugnatori della cosiddetta “agricoltura rigenerativa”, si fanno testimonial di tali prodotti. Vengono infatti rilasciate diverse interviste su siti e riviste locali in cui si sostiene che la poltiglia bordolese è sufficiente per rafforzare le difese delle piante.
In una delle tante interviste circolate quell’anno si trasmette l’ennesimo messaggio fuorviante[1], sostenendo come fosse possibile non intervenire sul batterio, rafforzando le autodifese della pianta con rimedi naturali, richiamandosi perfino alle cure di alcune patologie dell’apparato respiratorio con rimedi cosiddetti “della nonna”, a base di erbe. Vi è cioè la convinzione, errata, che bastino alcune vecchie pratiche agronomiche, come appunto il solfato di rame, per contrastare il patogeno grazie alla sua azione antibatterica. Peccato che il rame rimanga sulle superfici vegetali mentre il batterio stia all’interno dei vasi linfatici, irraggiungibile quindi dal metallo.
Non mancano nemmeno i vagheggiamenti complottisti, ipotizzando che la poltiglia bordolese non venga caldeggiata dai tecnici poiché porta pochi soldi alle casse delle odiate multinazionali dell’agrochimica. Oltre al rame, compaiono poi anche riferimenti agli estratti d’aglio o all’acqua così com’è, solo “dinamizzata” grazie a suggestivi processi che sconfinano nell’esoterismo.
Invece che accertarsi della bontà del trattamento, l’unica cosa che sembra, quindi, interessare è che si tratti di un prodotto naturale e che non sia prodotto da una multinazionale dell’agrochimica.
Lo scopo è evidente: agrochimica=male; rimedi della nonna=bene.
Peccato che questi rimedi non portino a una risoluzione della situazione mentre l’infezione colpisce sempre più piante.
Il dramma sociale
Al punto che a marzo 2015 da una semplice malattia degli ulivi, come titola Famiglia Cristiana, si passa al dramma:
XYLELLA, LA PESTE DEGLI ULIVI ORA È UN DRAMMA SOCIALE
Perché un titolo del genere? Perché, dopo due anni in cui si è perso tempo grazie ai rimedi della nonna che non hanno portato a miglioramenti, ora non è più un problema solo italiano: l’Unione Europea se ne è interessata, con EFSA che ha pubblicato uno studio in merito, studio dal titolo:
“Scientific Opinion on the risks to plant health posed by Xylella fastidiosa in the EU territory, with the identification and evaluation of risk reduction options.” [2]
Lo studio presenta, come opzioni per la riduzione del rischio che l’infezione si possa propagare al resto del territorio europeo, le stesse opzioni che venivano riportate nel 2014, prima fra tutte l’estirpazione delle piante. Ma ormai i contadini, spronati da certi movimenti ambientalisti, si sono in parte convinti che questo sia un danno per loro e che esistano vie alternative.
L’Unione Europea, fino a che non verrà fermata l’epidemia, impone il divieto di piantare nuovi ulivi sul territorio, specie nelle aree più a rischio contagio. I movimenti del territorio vivono questo come un affronto e la battaglia, oltre che scientifica, diventa anche politica. I sostenitori dei rimedi della nonna insistono nel loro attacco alle multinazionali sostenendo che è colpa loro se gli ulivi non hanno più autodifese. Sarebbe cioè colpa dell’uso massiccio di pesticidi e fitofarmaci. Peccato che il disseccamento colpisse e colpisca indistintamente tutti gli alberi, inclusi gli oliveti biologici e perfino abbandonati, cioè quelli non più soggetti ad alcun trattamento fitosanitario da anni. Il massimo della “naturalità”, quindi, per lo meno secondo la visione del mondo dei protagonisti di tali campagne di disinformazione. Il contadino che per anni ha coltivato queste piante con amore fatica ad accettare che vadano estirpate e si fida delle voci che gli offrono possibili alternative. Così facendo, il contagio delle piante prosegue, anche grazie a volti noti che prendono parte al dibattito sul tema.
Sempre nel 2015 viene diffusa ulteriore disinformazione con un post virale sui social[3], disinformazione che prende il sapore del peggior complottismo.
Si sostiene, infatti, che Xylella sarebbe apparsa in realtà già da una decina d’anni, avanzando il sospetto che sia stata generata in laboratorio da una multinazionale brasiliana il cui nome, Alellyx, è l’anagramma del batterio. Per di più, era stata acquisita nel 2008 da Monsanto, completando in tal modo il quadro complottista. In realtà, è solo l’azienda che ha sequenziato il genoma del patogeno.
Viene anche attaccato uno studio definito “approssimativo” in quanto fatto su 20mila ulivi su 11 milioni presenti in Puglia. In tale studio, svolto ovviamente su un campione significativo di piante selezionate nell’area interessata all’epidemia, ne sono stati trovate circa 500 malate e con evidenti sintomi di disseccamento. I detrattori del piano di eradicazione mettono anche in dubbio che siano affetti da Xylella, ipotizzando possano essere anche dei funghi patogeni. Non mancano ovviamente le accuse di aver sparso un “insetticida velenosissimo” prodotto sempre dalla famigerata Monsanto. In realtà era l’erbicida glifosate, applicato negli uliveti al fine di eliminare le erbe infestanti ospiti intermedi della sputacchina. Il top del complottismo si raggiunge però con l’ipotesi che sradicare gli ulivi faccia parte di un subdolo piano della stessa Monsanto per sostituire le piante malate con ulivi OGM, immuni al batterio.
Si tratta quindi di puro complottismo: Xylella fastidiosa è stata infatti osservata già dalla fine dell’800. Sostenere che sia un batterio nuovo dando a intendere che sia stato creato in un laboratorio negli ultimi dieci anni è la ciliegina sulla torta.
Infine, sempre nel 2015, alcuni agronomi ritenuti autorevoli accusano il glifosate e altri erbicidi e “pesticidi” di essere loro la causa del Complesso del Disseccamento Rapido dell’Ulivo (CoDiRO).
Purtroppo, chi è disperato per la situazione delle proprie coltivazioni è disposto a credere a qualsiasi cosa, anche perché, oltre a comici e musicisti, anche i politici intervenuti sul tema non sono da meno. Sono infatti tanti coloro che salgono sul facile carro del “non abbattete i nostri ulivi” [4]:
Sono ovviamente tutte bufale anche se non è chiaro quale sia lo scopo della loro diffusione.
Oggi, a distanza di anni, è purtroppo evidente che grazie a questa disinformazione costante l’epidemia di Xylella fastidiosa abbia causato il disseccamento di molte più piante di quelle che sarebbero morte se si fosse intervenuti subito. Purtroppo, pochi (se non nessuno) si sono assunti le responsabilità della disinformazione che era stata fatta circolare senza filtro.
Credo che il caso della Xylella fastidiosa sia uno degli esempi migliori di quanti danni reali l’information disorder possa fare nella società in cui viviamo.
Note
[1]: ProLoco Salento, 8 ottobre 2014 – Xylella: Giù le mani dai nostri ulivi – Intervista a Ivano Gioffreda: http://www.prolocosalento.it/docs/index.shtml?A=xylella
[2]: EFSA, 6 gennaio 2015: https://www.efsa.europa.eu/it/efsajournal/pub/3989
[3]: 19 marzo 2015, profilo personale di Sabina Guzzanti: https://www.facebook.com/watch/?v=10152613025096707
[4]: Twitter, 9 giugno 2016, profilo dell’onorevole Matteo Salvini: https://twitter.com/matteosalvinimi/status/740881937166925824