Glifosate in cifre: quanto costerebbe all’Italia la revoca europea dell’erbicida

Secondo uno studio di Aretè, società di analisi per l’agrifood, la revoca di glifosate avrebbe severi impatti economici sull’agricoltura e sulle filiere agroalimentari italiane.

La sostenibilità va sempre declinata in ciascuna delle sue componenti, ovvero ambientale, sociale ed economica. Talvolta, però, l’ordine va invertito considerando che senza sostenibilità economica, spesso, si erode la sostenibilità sociale che a sua volta si pone alla base della sostenibilità ambientale. Quest’ultima è infatti direttamente correlata sia alla disponibilità di risorse economiche, sia alla predisposizione della popolazione, istituzioni e governi a sobbarcarsi tali impegni. Necessario, quindi, trovare un equilibrio razionale fra le tre componenti, soprattutto soppesando scientificamente i costi e i benefici di ogni scelta strategica.

I costi della revoca europea di glifosate

Molto si è detto e scritto circa glifosate, erbicida sul quale entro il 2022 è previsto l’inizio della discussione a livello europeo per la sua conferma o – ipotesi meno favorevole – per la sua revoca. A fronte di stime controverse, spesso inconcludenti, sugli ipotetici vantaggi ambientali, diversi studi sono stati sviluppati circa i danni economici derivanti dal bando di glifosate. Per esempio, in Francia si stima un aggravio medio dei costi a carico dei viticoltori pari a 250 €/ha, sostituendo glifosate con le lavorazioni meccaniche[1]. Anche in Inghilterra[2] sono state effettuate analoghe stime (pre-Brexit) concludendo che sui cereali, per esempio, l’obbligato ritorno alle lavorazioni meccaniche delle superfici attualmente gestite tramite semina diretta si aggirerebbe intorno alle 100 £/ha (115 €/ha).

Anche in Italia, infatti, sono stati realizzati studi specifici sul tema, valutando gli scenari nazionali con o senza glifosate. A raccogliere gli esiti di tale comparazione è stata Aretè, società di analisi per l’agrifood, nonché partner delle principali istituzioni nazionali, comunitarie e internazionali. Aretè ha infatti prodotto un’indagine di mercato dal titolo “Implicazioni per gli agricoltori italiani di un bando sul Glyphosate”. Da tale ricerca emergono severe criticità economiche soprattutto a carico di mais, soia, riso e frumento, sia duro sia tenero, con implicazioni a cascata anche per le filiere che su tali colture si basano, dal momento che queste (con girasole e vite, le altre due colture considerate nello studio) rappresentano in Italia il 37% del valore aggiunto totale agricolo. Un valore aggiunto che per il solo frumento tenero, frumento duro, mais e soia calerebbe complessivamente del 2,1% in caso di revoca di glifosate. In termini di volumi di produzione, le riduzioni più significative sono stimate a carico della soia, con un -18,2%, seguita dal riso (-17,7%) e dal frumento duro, che verrebbe impattato in ragione del -12,2%.

In linea con le analisi di cui sopra, anche l’opinione di Dario Frisio, professore ordinario presso il dipartimento di Scienze e Politiche ambientali dell’Università di Milano, nonché esperto di agroindustria, filiere, economia e politica agraria:

Circa il bando di glifosate a livello europeo serve anzitutto un chiarimento: l’eventuale mancato rinnovo dell’autorizzazione vieterebbe solo l’impiego di glifosate nell’UE, o, fissando dei limiti pari a zero dei residui nei prodotti, si estenderebbe indirettamente anche a quanto importato dall’estero? Nel secondo caso, nell’Unione Europea diverrebbe quasi nulla la disponibilità di soia e ciò manderebbe in crisi tutta la filiera agro-zootecnica che oggi si basa in gran parte proprio sulle importazioni di questa leguminosa. Inoltre, focalizzandoci su mais e soia, l’osservazione che mi sento di fare è che l’eventuale bando di glifosate sarebbe destinato ad aumentare il grado di dipendenza estera del sistema agro-zootecnico italiano, diminuendo allo stesso tempo il potenziale produttivo nel complesso dell’UE. Ciò sarebbe molto pericoloso in un contesto internazionale caratterizzato da prezzi elevati a causa delle limitazioni nella disponibilità dei prodotti. Limitazioni derivanti da situazioni particolari, come per esempio conflitti bellici, ma più ricorrentemente da cali produttivi conseguenti ad andamenti climatici avversi, in particolare dovuti alla siccità, come visto nell’anno in corso. A tale riguardo va quindi sottolineato come l’impatto in termini produttivi ed economici aumenterebbe proprio in presenza di annate siccitose“.

Frumento tenero: meno rese, più costi

Stando alle stime, realizzate su dati Eurostat, in Italia si assisterebbe a un calo delle produzioni che oscilla, nello scenario peggiore, da 290.926 tonnellate (-10,1%) a 147.075 tonnellate (-5,1%), in quello migliore. Tale diminuzione deriverebbe sostanzialmente dal calo delle rese indotto dall’imperfetto controllo delle popolazioni spontanee di erbe infestanti a partire dalla fase di presemina, momento nel quale glifosate viene normalmente applicato nei campi che verranno poi seminati a cereali. Inoltre, a pesare ulteriormente sull’economia delle aziende agricole sarebbero i maggiori costi per ettaro rispetto agli scenari che prevedono glifosate. Costi aggiuntivi che potrebbero oscillare da un minimo del 5,8% a un massimo del 15,2%.

Frumento duro: gravi impatti per le tecniche più moderne

Le perdite di resa a carico del frumento duro oscillerebbero tra 400.208 (-9,1%) e 664.585 tonnellate (-15,1%). In special modo, tale impatto sarebbe più sensibile in caso di pratiche di semina su sodo, le quali richiedono infatti la perfetta pulizia del letto di semina, pena l’impossibilità di operare con le seminatrici. Senza glifosate i cerealicoltori dovrebbero tornare alle lavorazioni meccaniche profonde, come l’aratura, estremamente dispendiose in termini di gasolio impiegato. Analogamente a quanto visto per il frumento tenero, anche sul frumento duro peserebbero quindi molto i costi aggiuntivi, stimabili questi fra il 5,2% e il 13,8%.

Visti i risicati margini commerciali attuali a favore dei coltivatori di frumento, duro o tenero che sia, se tali scenari abolizionisti dovessero realizzarsi potrebbe quindi divenire economicamente insostenibile la coltivazione stessa dei cereali a paglia.

Mais: fino all’11,8% in meno

Le stime sopra riportate si mostrano confermate anche per quanto riguarda il mais. Due i trend possibili, uno impostato su scenari “ottimistici”, l’altro su scenari “pessimistici”. In caso glifosate venisse revocato le produzioni nazionali potrebbero infatti ridursi all’interno di una forbice che mostra un minimo di 175,222 e un massimo di 1.035.082 tonnellate. Ovvero, dal -2,7% al -15,8%. Ciò a patto, ovviamente, che i coltivatori si impegnassero a compensare tali perdite tramite maggiori interventi irrigui ove possibile. Ciò mitigherebbe la competizione con le infestanti per la risorsa idrica, fondamentale per il mais soprattutto nella fase di fioritura. Tale eventualità avrebbe però incontrato seri problemi in un anno siccitoso come il 2022. Infine, analogamente a quanto visto per il frumento, le maggiori cure agronomiche a difesa delle rese si tradurrebbero anche su mais in un aumento dei costi di produzione. Questo potrebbe variare fra il 5,1% e il 23,4%, aumentando il rischio di abbandono della coltura. In caso si verificasse la revoca di glifosate, quindi, si aggraverebbe la già oggi rilevante dipendenza dall’estero per il mais, attestatasi attualmente intorno al 46% dei consumi interni.

Riso: difficoltà per semina in asciutta e resistenze delle malerbe

La ricerca di Aretè ha toccato anche la coltura del riso che vede glifosate utilizzato principalmente per la pulizia del letto di semina, sia quando si segua il convenzionale approccio della semina in camera sommersa, sia quando si adotti quella in asciutta. Quest’ultima tecnica sta prendendo piede a causa di due variabili distinte: la crescente carenza di risorsa idrica e i problemi legati alle resistenze sviluppatesi nelle popolazioni spontanee nei confronti di sostanze attive di diverse famiglie chimiche. Glifosate aiuta in tal senso a controllare anche queste specie, incluso il riso crodo, sostanzialmente ineliminabile con gli erbicidi selettivi per il riso. La pratica della falsa semina, infatti, permette di ingannare le infestanti e di eliminarle con un solo passaggio di glifosate prima di effettuare la semina vera e propria. In tal senso, la possibilità di utilizzare glifosate in pre-semina abbatte notevolmente i costi di tale pratica e ne rende più vantaggiosa l’applicazione. L’eventuale bando di glifosate produrrebbe quindi gravi conseguenze ambientali poiché aumenterebbe in primis il consumo di acqua, arrecando parimenti gravi cali produttivi stimati tra -133.866 (-8,8%) e -407.705 tonnellate (-26,7%). Inoltre, i costi di produzione salirebbero da un minimo di 18,49 euro a un massimo di 33,99 euro alla tonnellata in funzione della varietà coltivata.

Soia: meno proteine nazionali per la zootecnia di pregio

Fra le colture proteiche, fondamentali per la zootecnia nazionale e alla base di molteplici prodotti alternativi ai latticini, spicca la soia. A seguito di un eventuale bando di glifosate, le produzioni di soia potrebbero ridursi da 150.107 (-13,7%) a 248.699 tonnellate (-22,7%). Inoltre, a causa della mancata eliminazione delle malerbe in pre-semina, aumenterebbero sensibilmente anche i costi aggiuntivi in una forbice tra il 1,3%% e il 24,8%. Espressi in termini economici, si tratta di un aggravio sino a 116,38 euro alla tonnellata. Un costo quindi abbastanza salato per la transizione verso tecniche “Glyphosate-free”.

Per saperne di più consulta lo studio Aretè.

[1] Florence Jacqueta et al (2021): “The micro-economic impacts of a ban on Glyphosate and its replacement with mechanical weeding in French vineyards”. Crop Protection – Vol. 150, dec. 2021: https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/S0261219421002489

[2] Crop Protection Association (2017): “The impact of a glyphosate ban on the UK economy”: https://theandersonscentre.co.uk/wp-content/uploads/2017/07/The-Impact-of-Glyphosate-Ban-on-the-UK-Economy.pdf

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