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Agronomia e Rivoluzione scientifica

Come la scienza ha guidato la mano dell’uomo agricoltore, dal metodo scientifico nato dalla mente di Galileo Galilei, alla “Rivoluzione Verde” di Norman Borlaug, passando per Nazareno Strampelli.

Nella sua lettera a Pietro Dini del 21 maggio 1611 Galileo Galilei scrive che “i primi inventori trovarono et aqquistarono le cognizioni più eccellenti delle cose naturali e divine con gli studii e contemplazioni fatte sopra questo gradissimo libro, che essa natura continuamente tiene aperto innanzi a quelli che hanno occhi nella fronte e nel cervello”. 

Tale frase mette in luce un originale programma di indagine della natura fondato sugli “occhi nella fronte” per osservare e sugli “occhi nel cervello” per interpretare quanto osservato e per una disamina più approfondita del quale rimando i lettori al libro di Edoardo Boncinelli “La crisalide e la farfalla” (2018). 

A fonte di ciò è spontaneo domandarsi se Galileo abbia mai trovato modo di applicare il suo programma all’agricoltura e una risposta al riguardo ci viene da Vincenzo Villani, che di Galileo Galilei fu assistente ad Arcetri dal 1639 al 1642. Nella sua biografia del maestro pubblicata nel 1654, Villani scrive infatti che a Galileo “[…] pareva che la città in certo modo fosse la prigione delli ingegni speculativi, e che la libertà della campagna fosse il libro della natura, sempre aperto a chi con gl’occhi dell’intelletto gustava di leggerlo e di studiarlo; dicendo che i caratteri con che era scritto erano le proposizioni, figure e conclusioni geometriche, per il cui solo mezzo potevasi penetrare alcuno delli infiniti misterii dell’istessa natura..…et in ogni tempo si dilettò grandemente dell’agricoltura, che gli serviva insieme di passatempo e di occasione di filosofare intorno al nutrirsi e al vegetar delle piante, sopra la virtù prolifica de’ semi, e sopra l’altre ammirabili operazioni del Divino Artefice”.

Tali brani attestano l’interesse per l’agricoltura di Galileo, padre della scienza sperimentale, un interesse peraltro che lo accomuna a intellettuali del calibro di Francesco Petrarca e Leonardo da Vinci[1].

L’agronomia e il tardo recepimento dei portati della rivoluzione scientifica

Nonostante l’interesse di Galileo per l’agricoltura, l’agronomia recepì con ritardo il vento innovatore della “nuova scienza” da lui fondata. Fino al ‘700 restò infatti in auge la teoria del vitalismo, che in agricoltura si declinava come “umismo”. Tale teoria risaliva ad Aristotele e sosteneva in sostanza che la materia vivente sarebbe animata dalla cosiddetta “vis vitalis” che le rende impossibile “dialogare” con il mondo inorganico, per cui le piante si nutrono dell’humus del terreno e morendo tornano a essere humus per cui il ciclo riprende. Uno dei più importanti seguaci di tale teoria fu l’agronomo tedesco Albrecht Thaer (1752-1828), secondo il quale i minerali assorbiti con l’humus non hanno rilevanza ed è la vis vitalis a consentire alle piante di produrre le sostanze mancanti (Groger, 2010).

Solo all’inizio dell’800 si assiste al superamento dell’umismo grazie alle scoperte del fisiologo vegetale ginevrino Nicolas Theodore De Saussure (1767-1845) che nel 1804 dimostra che il carbonio di cui si compone la sostanza organica dei vegetali proviene dalla CO2 atmosferica e non dall’humus e del chimico tedesco Friedrich Wöhler (1800-1882), allievo di Berzelius, che nel 1828 sintetizza la prima molecola organica, l’urea, fondando di fatto la chimica organica.

Sulle nuove strade così aperte si muovono Justus Liebig (1803-1873), il quale evidenzia l’essenzialità della nutrizione fosfatica, John Bennet Lawes (1814-1900) e Joseph Henry Gilbert (1817-1901), che in polemica con Liebig e tramite prove sperimentali condotte a Rothamsted dimostrano la centralità della nutrizione azotata. Parallelamente si assiste a un cambio di paradigma nella genetica grazie alle ricerche di Charles Darwin (1809-1882) e Augustin Pyramus de Candolle (teoria dell’evoluzione e primi studi sull’origine delle piante coltivate) e del monaco agostiniano Gregor Mendel (1822-1884), scopritore delle leggi dell’ereditarietà.

La nuova agronomia e la rivoluzione verde

In Europa uno dei primi campi di applicazione della nuova agronomia a base scientifica fu costituito dalla viticoltura, che fra il 1850 e il 1880 subì il devastante impatto di tre malattie potenzialmente in grado di distruggerla completamente (due funghi patogeni, l’oidio e la peronospora, e un afide, la Fillossera). La soluzione al gravissimo problema fu trovata nella chimica (zolfo contro l’oidio e solfato di rame contro la peronospora) e nella genetica (i portainnesti americani resistenti alla fillossera). 

In Piemonte, ove l’oidio giunse ne 1851, la difesa da tale patogeno basata sullo zolfo fu perorata da Camillo Benso conte di Cavour (1810-1861), personaggio di grande rilevanza sul piano agronomico per la grandissima attenzione che pose all’innovazione in agricoltura e che mise in pratica nella gestione di tre grandi poderi di famiglia della pianura vercellese (Leri, Montarucco e Torrone)[2] e nelle aziende viticole di proprietà degli zii. 

Ma il banco di prova di gran lunga più importante dell’agronomia a base scientifica è stato costituito dalla Rivoluzione verde che nel XX secolo ha modificato radicalmente i paradigmi di produzione del cibo e dei beni di consumo di origine agricola, incidendo in modo rilevantissimo anche sulle filiere a monte e a valle del campo. Tale rivoluzione è stata spinta dal quadruplicamento della popolazione mondiale (da 1,5 miliardi del 1900 ai 6 miliardi del 2000) e dal sempre più spinto inurbamento, con conseguente allontanamento della popolazione mondiale dalle fonti di cibo. 

Ciò ha spinto a intensificare potentemente la produzione agricola, che nell’arco di 100 anni quintuplica, con un fenomeno i cui prodromi si colgono già a fine ‘800 per la risicoltura italiana (Mariani et al., 2021) e che diviene potentissimo soprattutto dopo la Seconda guerra mondiale, allorché vengono messe a frutto le innovazioni scientifiche dei 50 anni precedenti fra cui:

  • la definizione della teoria dei centri genetici delle colture da parte dell’agronomo russo Nikolai Vavilov (1887-1943) sulle cui intuizioni si fondano le moderne banche del germoplasma;
  • la sintesi dei concimi azotati a partire dalla miniera inesauribile dell’azoto atmosferico, messa a punto nel 1908 dal grande chimico Fritz Haber (1868-1934);
  • le innovazioni genetiche frutto della genetica mendeliana nel mais (ibridi) e nel frumento (varietà a taglia bassa). Fra i tanti scienziati coinvolti in tali innovazioni ricordiamo Nazareno Strampelli (1866-1942) e Norman Borlaug (1914-2009);
  • le innovazioni frutto della scoperta della struttura tridimensionale del DNA dovuta a Rosalind Franklin (1920-1958), James Watson (1928) e Francis Crick (1916-2004). Da ciò sono derivate tecnologie di grandissima rilevanza e che consentono oggi di disporre di organismi (piante, animali, batteri, ecc.) geneticamente modificati per meglio rispondere alle esigenze umane;
  • le innovazioni nei fitofarmaci che consentono di difendere in modo sempre più efficace le colture dai loro nemici[3]. Fra i ricercatori che hanno portato grandi contributi in questo settore ricordiamo Paul Hermann Müller (1899-1965) scopritore del DDT e John Franz (1929), scopritore del Glyphosate.

Conclusioni

In questa riflessione ho sintetizzato per sommi capi il secolare percorso di innovazione nelle scienze agronomiche e che ci porta oggi a disporre di una tecnologia capace di garantire livelli di sicurezza alimentare mai raggiunti in passato. Al riguardo occorre tuttavia prestare la massima attenzione al fatto che, come dimostra la storia della scienza, il progresso non è da considerare come qualcosa di acquisito una volta per tutte e può andare perduto se i pregiudizi antiscientifici si diffondono nella collettività e vengono fatti propri dalle classi dirigenti.

NOTE

[1]: Petrarca, poeta e diplomatico, aveva una passione speciale per l’orticoltura, che praticava negli orti che prendeva in affitto quando si fermava per un tempo sufficiente in una città. A Milano, ad esempio, l’orto di Petrarca era sito in via Santa Valeria, a poche centinaia di metri dalla basilica di Sant’Ambrogio. Le sue attività orticole erano oggetto di un diario in cui annotava quanto da lui effettuato. Leonardo da Vinci possedeva una vigna in Milano cui si dedicava durante i suoi soggiorni.

[2]: A testimonianza di tali attività resta il carteggio con il socio Giacinto Corio (1796-1870).

[3]: I fitofarmaci, che il cittadino chiama spregiativamente “pesticidi”, sono oggi gestiti in modo tale da garantire un’ingestione con il cibo che è inferiore a un centesimo della dosa risultata innocua nelle sperimentazioni si animali. Tali prodotti sono oggi in molti casi essenziali sia per salvaguardare le rese delle colture sia per garantire l’assenza nei prodotti alimentari di sostanze tossiche prodotte ad esempio dai fungi (Aflatossine, DON, ecc.).

Bibliografia

Boncinelli E., 2018. La farfalla e la crisalide. La nascita della scienza sperimentale, Cortina Raffaello. 

Groger M., 2010. Das Gesetz vom Minimum, DOI: 10.1002/ciuz.201000533 

Mariani L., Ferrero A., Cola G., 2021. The evolution of cereal yields in Italy over the last 150 years: The peculiar case of rice, Agronomy Journal, May 2021, https://doi.org/10.1002/agj2.20710

Viviani V., 1654, Racconto istorico della vita del Signor Galileo Galilei, https://it.wikisource.org/wiki/Racconto_istorico_della_vita_di_Galileo

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