Sistemi di irrigazione: valori e limiti

Alla semplice irrigazione per scorrimento si affiancano i più evoluti sistemi per aspersione, con gli impianti ad ali gocciolanti che si stanno imponendo anche in colture impensabili sino a pochi anni fa

Le previsioni climatiche per l’immediato futuro suggeriscono di attrezzarsi in ossequio alla massima prudenza. I trend termici registrati negli ultimi anni preoccupano infatti non solo i climatologi, bensì anche gli agricoltori e le popolazioni che insistono attorno ai grandi laghi.

Dopo un 2022 da record quanto a siccità, con perdite in campo qualche volta totali, il 2023 non pare intenzionato a ristabilire l’ordine naturale delle cose, caratterizzato da abbondanti precipitazioni nevose in quota durante l’inverno. In assenza di un’inversione primaverile di rotta, tali debiti nevosi aggraveranno ulteriormente il già oggi preoccupante livello dei grandi bacini idrici. Difficile quindi pensare, se perdurano tali condizioni, che in estate vi sarà abbastanza acqua per irrigare le colture.

Se quindi le pratiche di irrigazione sono da sempre fondamentali per l’ottenimento di buone rese, il prossimo futuro suggerisce di aumentare ulteriormente l’attenzione verso tali sistemi, magari eliminando quelli a minor efficienza e investendo in quelli più virtuosi.

Tre tecniche a confronto

In tal senso il confronto rimane essenzialmente fra tre differenti approcci tecnici, ovvero l’irrigazione a scorrimento, usualmente utilizzata su mais, quella per aspersione e quella a goccia. La prima prevede dei chiusini nei canali che scorrono lungo i campi, al fine di alzarne il livello a sufficienza per inserirvi le apposite idrovore. L’espansione dell’acqua procede quindi da un lato all’altro del campo, meglio se opportunamente sistemato con adeguate lavorazioni meccaniche. Va da sé che a fronte di terreni molto sciolti tale tecnica risulta poco consigliabile, poiché l’acqua viene erogata in modo alquanto difforme passando dall’inizio alla fine degli appezzamenti. Quando ne sarà giunta a sufficienza in fondo al campo, nei punti di immissione ne sarà percolata in grande quantità lungo il profilo del terreno, divenendo in buona parte inutile per la coltura.

Il secondo sistema, per aspersione, si può adottare tramite lo schieramento in campo dei cosiddetti “rotoloni”, oppure dei grandi impianti a “pivot”. Questi ultimi hanno una discreta efficienza, simulando la pioggia in modo fedele. Ciò riduce le perdite per evaporazione che invece caratterizzano il lancio a ventaglio e ad alta pressione dell’acqua operato dai “rotoloni”. Per contro i pivot, per risultare economicamente sostenibili, necessitano di superfici operative di almeno cento ettari.

Infine, l’irrigazione a goccia, da tempo in voga fra gli agricoltori impegnati nelle colture speciali come quelle frutticole e orticole. Sebbene i costi di impianto siano tutt’altro che trascurabili, variando molto in funzione della tipologia e delle superfici da irrigare, l’irrigazione tramite tubi di polietilene o manichette ha ormai conquistato serre e campi aperti. La maggior parte del pomodoro da industria, a conferma, viene oggi irrigato con i sistemi ad ali gocciolanti.

Oltre all’erogazione mirata dell’acqua, foriera di grandi risparmi volumetrici e di energia, le ali gocciolanti offrono anche il grande vantaggio di poter somministrare fertilizzanti e agrofarmaci direttamente nella rizosfera, con le implicite riduzioni dei costi per le pratiche di nutrizione e difesa. Grazie ai sistemi a manichetta, infatti, si evitano diversi passaggi in campo con i trattori, riducendo il compattamento del terreno e i consumi di gasolio.

Grazie alla loro praticità e alla programmabilità tramite centraline, quasi tutti gli impianti frutticoli intensivi sono allestiti con tali sistemi idraulici, i quali hanno lentamente imposto la propria presenza persino nei vigneti e negli uliveti, sebbene queste colture siano relativamente rustiche quanto a capacità di estrarre acqua dagli strati profondi del terreno. Anche queste due eccellenze italiane, però, possono richiedere ogni tanto un’irrigazione di soccorso, scongiurando in tal caso gli stress idrici che causano l’arresto dei normali processi fisiologici. Arresto che va poi a danno delle rese finali quali-quantitative.

Usi innovativi delle ali gocciolanti

Per gli indubbi vantaggi di tali pratiche, l’irrigazione a manichetta sta lentamente prendendo piede anche nel mais, coltura particolarmente avida di acqua e che patisce pesanti perdite produttive in caso di carenze idriche. In special modo nella fase di fioritura, i fabbisogni idrici del mais sono equivalenti a 6-8 millimetri di pioggia al giorno tra metà giugno e metà luglio. Se in tale periodo manca acqua, cala vistosamente la fertilità e quindi scenderà proporzionalmente anche il numero di cariossidi per spiga. Inoltre, le produzioni saranno in maggiore sofferenza anche in fase di maturazione, momento nel quale si insediano più facilmente i funghi saprofiti produttori di micotossine.

Considerando i danni che la siccità può arrecare al mais, sarà forse bene rivalutare gli investimenti aziendali secondo il noto detto “Chi più spende meno spende”. Anche perché già oggi il mais è sceso al di sotto dei 600mila ettari, cioè la metà rispetto all’inizio del Terzo Millennio. Ulteriori diminuzioni di superfici, causa scarsa remunerazione, porterebbe gli allevamenti italiani a una crescente dipendenza dalle importazioni estere, già oggi pressoché equivalenti alle produzioni interne.

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