Sostenibilità e sicurezza alimentare: obiettivi convergenti
Se, da un lato, è necessario rivedere la pressione sull’ambiente delle pratiche agricole, dall’altro è indispensabile aumentare le rese al fine di rispondere alla crescente domanda mondiale di cibo. Scienza e tecnologia possono essere luogo di incontro di entrambe le esigenze.
L’attuale panorama del settore agroalimentare è contraddistinto dal rallentamento delle catene di approvvigionamento, dalla produzione al trasporto, alla trasformazione, allo stoccaggio, fino alla vendita al dettaglio. È una situazione dovuta in larga parte allo shock che sta colpendo il mercato energetico. Si aggravano, così, le difficoltà in questo senso di Italia ed Europa che tradizionalmente non sono autosufficienti e devono importare prodotti agricoli per soddisfare la domanda interna. In particolare, secondo dati Ispi, in Italia l’import agricolo negli ultimi dieci anni è cresciuto del 55%: oggi oltre la metà del cibo che consumiamo è importato. Il 64% del nostro fabbisogno di grano per produrre pane e biscotti arriva dall’estero, così come oltre il 50% del mais che serve per alimentare il bestiame (Istat). Anche a livello europeo, da oltre 15 anni, il saldo commerciale di prodotti agricoli verso il resto del mondo si fa sempre più negativo, con una forbice di differenza tra esportazioni e importazioni che dal 2005 si è solo allargata, toccando il proprio massimo nel 2021 quando ha raggiunto l’1,9% (Eurostat).
Un margine di ‘dipendenza’ dall’agricoltura dei paesi extraeuropei che rischia di compromettere la competitività del continente rispetto alle sfide di sostenibilità non solo ambientale, ma anche economica e produttiva nel prossimo futuro. Il 2050, infatti, non sarà solo l’anno-obiettivo del Green Deal europeo – la strategia con cui l’Unione si è impegnata a raggiungere la neutralità climatica – ma anche l’anno in cui la popolazione mondiale potrebbe toccare quota 10 miliardi di persone (FAO). Una pressione antropica sul pianeta che, per soddisfare la nuova domanda alimentare, necessiterebbe di un corrispondente aumento della produzione agricola globale del 70% rispetto al 2010 (FAO). Il progressivo aumento della mole dei consumatori impone una strategia produttiva europea di ampio respiro che se da un lato non può discostarsi dagli intenti di sostenibilità definiti all’interno delle strategie Farm to Fork e Biodiversity – pietre angolari del Green Deal europeo – dall’altro non può prescindere da un approccio che sia il più possibile flessibile e in grado di rispondere prontamente agli shock globali di guerre o pandemie, con strumenti strategici necessari a garantire un sufficiente livello di autoapprovvigionamento di materie prime. In questa prospettiva, la strada intrapresa dall’Europa e dall’Italia sembra quella corretta, ma solo se adattata e contestualizzata rispetto alle dinamiche di crisi in corso.
L’art. 33 del Trattato istitutivo dell’Unione Europea sottolinea l’importanza dell’incremento della produttività agricola e dell’innovazione come fattori determinanti. Proprio l’innovazione, tanto nel caso europeo quanto in quello italiano, è il ‘capitale’ su cui si è scelto di investire e che ci permette, oggi, di essere tra i protagonisti del commercio globale dell’agrifood.
Dalle Tecnologie di Evoluzione Assistita o di precision farming, all’agricoltura 4.0, all’utilizzo critico degli strumenti più tradizionali di efficientamento produttivo, gli strumenti non mancano.
Nell’ultimo decennio, infatti, grazie alle tecnologie di miglioramento genetico si è compreso come accelerare processi che già avvengono naturalmente per sviluppare varietà sicure non solo per la salute umana e del pianeta, ma anche per la resistenza che queste varietà presentano alle calamità naturali ai rischi legati al cambiamento climatico. Anche l’agricoltura 4.0 sta dando i suoi frutti. In Italia, il comparto che ha portato il digitale e l’automazione nell’agricoltura ha raggiunto un fatturato complessivo di 1,6 miliardi di euro nel 2021, con una crescita del 23% rispetto al 2020 (Osservatorio Smart AgriFood). Grazie alla riduzione dei costi e a una maggiore produttività – fino al +10% – l’innovazione tecnologica applicata ha le potenzialità per diventare un elemento strutturale nei processi di produzione, trasformazione e commercio del settore agricolo. Del resto, ci sono strumenti efficaci che funzionano storicamente e su cui, per questa ragione, possiamo fare ancora affidamento e puntare. Alcuni agrofarmaci ne sono la dimostrazione: prodotti che permettono di aumentare l’efficienza produttiva dei terreni e il cui utilizzo comporta un minor consumo di carburanti per il trasporto e, quindi, una riduzione della CO2. Un esempio è il glifosate, uno degli erbicidi più diffusi al mondo, ritenuto sicuro dalla scienza e da tutti i principali enti di controllo e sicurezza del mondo, ma avversato dalle lobbies ambientaliste.
Alla luce di queste considerazioni, bisogna incoraggiare lo sviluppo della ricerca relativa alle pratiche agricole e alla capacità di trasformazione dei prodotti agricoli. Capacità, queste, che rendono l’Europa uno dei protagonisti a livello internazionale. Proprio la ricerca sta portando a notevoli risultati nella definizione di colture sostenibili da un punto di vista ambientale, produttivo ed economico. Del resto, oggi più che mai, la sostenibilità è un binario che corre tra due strade parallele: quella dell’uomo e quella del pianeta. L’innovazione può e deve avere il compito di non farle scontrare grazie a quella che Darwin avrebbe definito la nostra capacità di adattamento e che, in fondo, è quella che ci permette di essere ancora qui.