Carestie dimenticate: “The great famine” irlandese

A metà ‘800 la più devastante carestia della storia recente europea, provocata dalla peronospora delle patate, provocò in Irlanda un milione di morti di fame. Se all’epoca fossero stati disponibili gli agrofarmaci tale carestia non avrebbe impattato la popolazione

 

La sicurezza degli approvvigionamenti alimentari è molto più fragile di quanto comunemente si pensi dal momento che le produzioni e i commerci possono essere improvvisamente messi in crisi da rovesci di varia natura. Il conflitto russo-ucraino, per esempio, ha enfatizzato le difficoltà dell’Europa a soddisfare pienamente la domanda interna di prodotti agroalimentari. Il tutto senza aver patito direttamente di perdite produttive nei diversi Stati membri. La globalizzazione dei mercati e delle produzioni agricole ha, infatti, reso particolarmente interdipendenti i diversi continenti, legandoli l’uno all’altro in modo stretto. Stretto e quindi pericoloso.

Ma la globalizzazione, di fatto, è nata molto prima che le si desse tale nome. La vite che oggi è fiore all’occhiello delle produzioni vinicole di pregio italiane deriva dal Caucaso ove ne furono trovate le prime tracce. Riso e pesco giunsero dall’Oriente mentre fagioli, patate, mais e pomodoro dovettero attendere Cristoforo Colombo e la scoperta commerciale delle Americhe per giungere fino all’Europa del XVI secolo. Non senza qualche ritrosia al consumo, peraltro, visto che le popolazioni dell’epoca mostrarono grande diffidenza verso prodotti considerati “alieni” alle tradizioni locali.

Vinte tali ritrosie, le nuove colture si insediarono velocemente nell’agricoltura dei secoli a venire. Purtroppo, insieme alle nuove colture arrivarono in seguito anche altri organismi, ovvero parassiti e patogeni sconosciuti nel Vecchio Continente. Fu proprio una di queste malattie a causare la più devastante carestia della storia recente europea, giunta da Oltremare e andatasi a insediare nelle coltivazioni di patate. Su queste, purtroppo, si basava ormai gran parte dell’alimentazione di diversi paesi europei, Irlanda in primis.

Bastò, cioè, una sola patologia, la peronospora delle patate, o Phytophthora infestans, a carico di una sola coltura, le patate, a causare la morte di oltre un milione di persone nella sola Irlanda, pericolosamente sbilanciatasi nei secoli verso la nuova coltura, molto più produttiva dei cereali coltivati all’epoca. Difficilmente il grano tenero superava infatti la tonnellata per ettaro di resa, contro le oltre dieci ottenibili oggi in quegli stessi areali. Grazie alle patate si potevano quindi sfamare molte più persone per unità di superficie agricola rispetto al frumento e agli altri cereali coltivati, come segale e avena. 

Giunta in Irlanda nel 1845, la peronospora delle patate si diffuse velocemente nel paese anche perché all’epoca non era noto alcun agrofarmaco in grado di ostacolarla. La scoperta del rame come antiperonosporico è, infatti, successiva di qualche decennio, essendone stata evidenziata l’efficacia sulle peronosporacee solo nel 1882 grazie all’intuizione di un botanico francese appassionato di viticoltura, ovvero Pierre Marie Alexis Millardet. Se tale scoperta fosse avvenuta solo 40 anni prima, questo articolo non avrebbe avuto ragione di essere scritto poiché nessuna carestia avrebbe mai impattato la popolazione irlandese, come invece purtroppo è avvenuto.

In assenza di mezzi di difesa, “The great famine”, in gaelico “An Gorta Mór”, è quindi divenuta la più severa carestia mai sperimentata in Europa, spazzando via un milione di vite e obbligando altri due milioni di persone a cercare fortuna Oltreoceano. Molti degli Irlandesi oggi in America discendono proprio dagli emigranti in fuga dalla morte per la fame o per le malattie da povertà e denutrizione che imperversavano in Patria.

Dal 1845 al 1848, le riserve alimentari irlandesi si erano infatti assottigliate sempre più fino quasi a scomparire in rapporto alla popolazione, cresciuta nel tempo anche grazie alle patate come fonte generosa di calorie. Purtroppo, il tentativo di tornare ai cereali non impedì la tragedia dal momento che la quantità di cibo prodotta dai campi risultava comunque inferiore alla domanda interna di cibo.

Il Governo irlandese tentò tardivamente di compensare con le importazioni facendo giungere nei porti del paese molteplici bastimenti carichi di grano straniero. Ciò creò nella popolazione l’idea che il grano ci fosse, ma che non giungesse sulle tavole degli Irlandesi per oscure manovre di accaparramento, che pur ci furono a favore delle classi più agiate. Di fatto, però, una volta sbarcato nei porti quel grano si diluiva talmente tanto sul territorio da divenire insufficiente per tutti. Perfetto esempio di scollamento fra percezione comune dei fatti e loro realtà sostanziale.

Soprattutto le aree del sudest irlandese patirono la grande carestia, tragedia di proporzioni disastrose di cui oggi resta memoria grazie a un monumento composito realizzato dallo scultore Rowan Gillespie: molteplici sculture in bronzo, in cammino verso la morte, quasi spettrali, sono state infatti posizionate lungo la banchina di Custom House, nella zona delle Docklands di Dublino. Come detto, se all’epoca fosse stata già nota l’efficacia del rame contro la peronospora, nessuno sarebbe morto e ben pochi sarebbero stati costretti ad abbandonare le proprie case per sfuggire alla fame. Un tagliente monito dalla storia, quelle statue, a beneficio di tutti coloro che guardano oggi agli agrofarmaci quasi fossero terribili veleni, cosa non vera, anziché considerarli preziosi alleati senza i quali il passato potrebbe tornare a bussare drammaticamente alle nostre porte.

LETTURE CONSIGLIATE

“An gorta mór. La Grande carestia in Irlanda (1845-1851)”. Di Luca Maestri e a cura di Massimo Angelini. Casa editrice Pentàgora (2017)

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