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Esposizione agli agrofarmaci: i dati dell’Istituto Superiore di Sanità

In Italia le esposizioni accidentali, certe, ai prodotti fitosanitari a uso agricolo ammontano al 2,39% del totale: cosa dice il Report Istisan 23/2 e quali sono gli scenari in altri Paesi del mondo

In tema di esposizioni accidentali agli agrofarmaci molto è stato detto, grazie anche alla corposa messe di informazioni disponibili in tal senso. In Italia, per esempio, sono disponibili i periodici rapporti dell’Istituto Superiore di Sanità giunti ormai al dodicesimo report annuale, ovvero l’Istisan 23/2.

Da diversi anni l’Istituto Superiore di Sanità ha infatti avviato un sistema di sorveglianza delle esposizioni pericolose e delle intossicazioni. Questo sistema è basato sulla raccolta delle segnalazioni di diversi centri anti-veleni del territorio nazionale.

Ogni segnalazione, vera o solo presunta, viene quindi contabilizzata e classificata per tipologia di agente chimico, redigendo poi appositi report descrittivi del fenomeno.

Istisan 23/2: cosa dice il dodicesimo rapporto

Nel triennio 2017-2019 sono stati contabilizzati 54.078 casi di esposizione, accidentale o volontaria, a numerosi agenti potenzialmente nocivi. Il più delle volte tali prodotti chimici sono di uso non agricolo. Quanto alle fasce di età, fra i bambini inferiori ai 6 anni le intossicazioni sono praticamente tutte non intenzionali, mentre negli adolescenti e negli adulti si annovera un valore intorno al 16-17% di avvelenamenti volontari. Ovvero, tentativi di suicidio o comunque autolesionisti.

Circa le modalità, l’ingestione è in testa alle differenti vie di assunzione singola (un solo agente nocivo), con il 53,8% dei casi, seguita dall’inalazione (17,1%) e dai contatti con la mucosa orale (11%). Solo il 4,3% deriva da esposizione cutanea.

Circa le categorie di sostanze coinvolte, i “Prodotti per la pulizia, la cura e la manutenzione” contabilizzano da soli il 32% dei casi segnalati ai Centri antiveleni. Tra questi, la sottocategoria più rappresentata è quella relativa ai prodotti sbiancanti per la pulizia o il bucato, che rappresenta il 12% di tutti i casi. A conferma, il solo ipoclorito di sodio, la comune candeggina, annovera 5.333 eventi di cui 1.378 sintomatici. Non a caso, l’89,3% di tutte le esposizioni si sono verificate in ambiente domestico.

A seguire, i biocidi, ovvero gli antiparassitari non agricoli a uso domestico a civile, come i prodotti per il controllo di insetti o roditori. Il 13% dei casi segnalati di esposizione in Italia fa capo a tale categoria di sostanze. Infine, l’insieme di detersivi per usi vari e dei disinfettanti raggruppa un altro 20% di eventi.

Segnalazioni relative agli agrofarmaci

Anche gli agrofarmaci impiegati a difesa delle colture sono racchiusi nei periodici report Istisan. Nel triennio 2017-2019 le segnalazioni ai centri antiveleni per le esposizioni ai prodotti fitosanitari ammontano a 1.290 (2,39% del totale), somma di tutte le segnalazioni che implicano esposizione certa a specifiche e accertate sostanze. Dei 1.290 casi segnalati 148 sono però di tipo volontario, cioè autolesivo.

Non sempre i prodotti protagonisti di tali esposizioni sono agrofarmaci di sintesi: per esempio, fra i prodotti fitosanitari a uso agricolo si segnalano 177 esposizioni a prodotti rameici di cui 11 volontari. In totale, questo gruppo di prodotti, ammesso anche in agricoltura biologica, rappresenta l’11,5% di tutti i casi di esposizione certa agli agrofarmaci.

Stando quindi ai dati del report Istisan 23/2, i rischi di esposizione accidentale agli agrofarmaci rappresentano una frazione alquanto minoritaria rispetto alla molteplicità di sostanze che possono rivelarsi pericolose per ingestione, inalazione o contatto. Del resto, la vita quotidiana vede ampio impiego di acidi, solventi, colle, vernici e altre sostanze chimiche comunemente impiegate nelle abitazioni o nei luoghi di lavoro. Massima deve quindi essere la prudenza, non solo nella manipolazione e nell’uso, bensì anche nella conservazione. Ciò al fine di minimizzare gli incidenti domestici a carico di bambini.

Le intossicazioni da agrofarmaci nel resto del mondo

Assumere le corrette precauzioni quando si maneggiano sostanze chimiche è pratica sempre consigliabile, ma spesso disattesa da chi quelle sostanze adopera. Ciò vale anche per gli agrofarmaci, causa ogni anno di numerose intossicazioni su scala globale a carico degli agricoltori.

In tal senso, alcuni dati sono circolati e circolano tuttora, citando 25 milioni di intossicazioni annue di cui 220mila letali. Cifre in effetti molto elevate e che rendono necessari i più opportuni approfondimenti.

I valori citati, infatti, risalgono al 1985 e prendono origine da un’indagine svolta nel 1979[1]. Quindi, come prima osservazione va chiarito come questa ricerca sia stata svolta oltre 40 anni or sono, quando le pratiche fitosanitarie, i prodotti impiegati e le tecniche di applicazione erano drasticamente diverse da quelle attuali. Per lo meno nei Paesi più evoluti.

Per esempio, insetticidi delle famiglie chimiche dei carbammati, degli esteri fosforici e dei clorurati, furono in passato ampiamente utilizzati a livello globale, salvo scomparire in Europa negli ultimi decenni. Purtroppo, molti di tali prodotti vengono ancora ampiamente utilizzati in molti Paesi emergenti, grazie alla loro estrema efficacia ed economicità. Spesso, però, nella più totale assenza di precauzioni a difesa della salute degli operatori.

Inoltre, seconda osservazione: i dati summenzionati derivano da un’estrapolazione: la loro fonte sarebbe uno studio condotto negli anni ’70 in Sri Lanka, incentrato su circa mille decessi avvenuti nel Paese asiatico a seguito dell’uso di antiparassitari. Di questi, circa la metà era però ascrivibile ad assunzioni volontarie. Cioè ai suicidi.

Un triste fenomeno, quello dei suicidi fra gli agricoltori, che affligge diverse aree del Globo, a partire dall’India, ove si registrano annualmente diverse migliaia di casi (fra gli 11mila e i 18mila). Ciò stando ai periodici report “Accidental deaths and suicides in India” emessi dal National Crime Records Bureau afferente al Ministero degli Affari Interni. Gran parte di tali suicidi vengono compiuti assumendo volontariamente agrofarmaci particolarmente tossici.

Del resto, anche le intossicazioni involontarie non vanno trascurate, dal momento che alcuni agricoltori possono arrivare fino a cinque ricoveri all’anno per intossicazioni acute verificatesi durante i trattamenti. Spesso le modalità di applicazione sono infatti avulse da qualsiasi precauzione, con gli esecutori dei trattamenti che operano poco vestiti e senza dispositivi quali maschere, occhiali, guanti e tute. Inoltre, gli strumenti utilizzati sono sovente pompe a spalla, impiegate da più agricoltori contemporaneamente incuranti del fatto che in tal modo si espongono vicendevolmente agli spray fitosanitari.

In tali condizioni di impiego, non deve quindi stupire l’alto tasso di intossicazioni fra gli operatori agricoli di quei Paesi. Molto va quindi fatto soprattutto sull’educazione alla sicurezza personale e alla formazione professionale. Criminalizzare gli agrofarmaci chiedendone il bando assoluto, come avviene talvolta a livello mediatico, non è cioè la via da percorrere. Per le stesse ragioni per cui non viene proposta in Europa l’abolizione delle automobili pur a fronte di 20.669 vittime di incidenti stradali. Tale cifra può essere espressa anche come 46 morti per milione di abitanti (Ue27) e 54 in Italia (Fonte: Istat, anno 2022).

Infine, e concludendo circa lo studio nello Sri Lanka, questo è stato sviluppato allo scopo di sensibilizzare gli agricoltori cingalesi degli anni ’80 all’uso corretto di agrofarmaci, soprattutto pensando all’elevata tossicità acuta che i prodotti mostravano all’epoca. Poco senso pare quindi avere, oggi, la traslazione di tali numeri alla realtà attuale dei cittadini europei, creando in essi preoccupazioni e allarmismi inutili. I cittadini e gli operatori agricoli del Vecchio Continente, a partire da quelli italiani, possono infatti contare su criteri di sicurezza ampiamente superiori a quelli esistenti 40 anni or sono. Come pure impiegano soluzioni fitosanitarie dal profilo tossicologico molto più favorevole rispetto ad altri prodotti ancora in uso nei Paesi in via di sviluppo.

RIFERIMENTI

[1] J. Jeyaratnam (1985): “Health problems of pesticide usage in the Third World“. Editorial. British Journal of Indutrial Medicine. 1985; 42: 505-506.

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