Un trattore irrora un campo con dei prodotti fitosanitari al tramonto

Glifosate, perché ha ancora un importante ruolo agronomico

Efficace ed economico, fondamentale per l’agricoltura conservativa. Di recente l’Efsa ha escluso criticità per uomini, animali e ambiente derivanti dal suo utilizzo

di Aldo Ferrero e Giuseppe Zanin

Gentili lettori di Agriscienza, oggi vi suggeriamo un articolo pubblicato dalla testata online “Terra e Vita” in cui il professor Aldo Ferrero dell’Università di Torino e il professor Giuseppe Zanin dell’Università di Padova approfondiscono il ruolo agronomico del noto erbicida glifosate, per il quale la Commissione Europea ha recentemente proposto il rinnovo dell’autorizzazione fino al 2033. In particolare, i due autori sottolineano la grande importanza che glifosate ha assunto nell’agricoltura moderna, dalla gestione dei sistemi conservativi fino all’utilizzo delle tecniche agronomiche più innovative, essendo diventato uno strumento imprescindibile per la gestione della vegetazione spontanea.

All’inizio di luglio l’Agenzia Europea per la Sicurezza Alimentare (Efsa) ha pubblicato il rapporto relativo alla sua ultima valutazione del glifosate, giungendo alla conclusione che, sulla base della revisione paritetica della valutazione del rischio di questo prodotto, “non è individuabile alcuna area di criticità per l’uomo, per gli animali e per l’ambiente”. Tradotto dal burocratese, “assenza di criticità” significa che non vi sono fattori che impediscano il rinnovo dell’autorizzazione del principio attivo anche se persistono alcune criticità che comunque possono essere superate con opportune regolamentazioni e misure di mitigazione.

Il parere favorevole dell’Efsa si aggiunge alle numerose valutazioni effettuate sull’erbicida e, più di recente, a quella dell’Agenzia Europea per le Sostanze Chimiche (Echa) del 2022, secondo la quale il prodotto non è classificabile come sostanza cancerogena, mutagena o tossica per la riproduzione. Il riesame del glifosate, durato oltre tre anni, è stato condotto da qualificati esperti scientifici dell’Efsa e di quattro Paesi europei (Francia, Olanda, Svezia e Ungheria). Sono stati valutati dossier di diverse migliaia di pagine e sono stati presi in considerazione tutti gli studi critici prodotti a partire dal 2015, comprese le osservazioni delle Ong. Secondo numerosi esperti del settore, la valutazione dell’Efsa è la più completa e solida mai sostenuta dall’agenzia.

Verificata la conformità dei contenuti del rapporto di valutazione alle norme in materia di protezione dei dati personali e di riservatezza, le conclusioni e tutta la corposa documentazione relativa alla revisione paritetica e alla valutazione del rischio esaminata durante il processo di riesame, sarà resa pubblica entro la metà di ottobre 2023. Le conclusioni dell’Efsa sulla revisione paritetica della valutazione del rischio sono state trasmesse alla Commissione europea e agli Stati membri per orientare la decisione che questi saranno chiamati a prendere in merito alla conferma dell’autorizzazione all’utilizzo del prodotto entro i termini della scadenza, cioè il 15 dicembre 2023. Vediamo perché il glifosate è importante per l’agricoltura.

Utilizzo e importanza

Con un consumo pari a circa un terzo di quello totale degli erbicidi, il glifosate è il prodotto più utilizzato al mondo per la gestione delle piante indesiderate. Questa importante posizione di mercato è essenzialmente da porre in relazione a caratteristiche quali l’elevata efficacia, l’ampio spettro d’azione e il costo non elevato. Come è stato rilevato in uno studio recente, a livello europeo non sono di fatto, disponibili prodotti o soluzioni alternative equivalenti al glifosate, per la gestione della vegetazione spontanea. Il glifosate viene assorbito dalle parti verdi delle piante e traslocato sia verso gli apici vegetativi, sia verso le radici e gli organi di moltiplicazione sotterranei, dove agisce bloccando l’attività di un enzima (Esps) presente soltanto nei vegetali. Grazie a questo meccanismo d’azione il prodotto è efficace nei confronti delle piante annuali, perenni, arbustive e arboree.

Appena distribuito, è fortemente assorbito dalla componente organica e minerale del terreno, tanto da perdere l’efficacia erbicida, permettendo di seminare le colture già uno-due giorni dopo la sua applicazione. Il glifosate è quindi un erbicida non residuale ad azione totale e, come tale, può essere impiegato nei sistemi colturali arborei ed erbacei oltre che nelle aree extra-agricole, evitando l’irrorazione diretta sulla vegetazione delle colture tradizionali (non Ogm tolleranti) facendo, a questo scopo, ricorso ad appropriate attrezzature di distribuzione (es. ugelli schermati, barre lambenti). In alcuni Paesi, invece, il prodotto è autorizzato anche per l’impiego diretto sulle colture (anche non Ogm tolleranti) in prossimità della maturazione, per favorirne l’essicazione in campo e facilitare poi la raccolta (es. frumento e altri cereali, lino, colza, ecc.).

Nei frutteti e nei vigneti viene solitamente distribuito soltanto lungo il filare (corrispondente a 1/3-1/4 dell’intera superficie), in combinazione con lo sfalcio degli interfilari, mantenuti inerbiti. Negli oliveti e nei noccioleti viene impiegato lungo la fila e sottochioma per favorire la raccolta da terra delle olive e delle nocciole. Si considera che circa la metà dei 2,5 milioni di ettari di colture arboree (fruttiferi, vite e olivo) presenti in Italia sia trattata con glifosate almeno una volta all’anno. La sostituzione di glifosate con altri mezzi, chimici e non chimici, comporterebbe un maggior costo nelle sole colture arboree variabile da 135 a 265 €/ha, cui va aggiunto quello, difficilmente quantificabile, di una efficacia più aleatoria.

Nelle colture erbacee il prodotto può essere impiegato per il controllo della vegetazione spontanea soprattutto perenne, nel periodo intercolturale (tra due cicli colturali), o prima della semina o in presenza di una coltura, facendo ricorso, in quest’ultimo caso, ad apparecchiature di distribuzione in grado di evitare il contatto con le piante utili.

Pilastro dell’agricoltura sostenibile

Particolarmente importante è il ruolo del glifosate nei sistemi conservativi, dove la semina delle colture viene eseguita su terreno sodo o dopo una minima lavorazione. L’adozione dei sistemi conservativi è stata in questi ultimi tempi fortemente sostenuta da indirizzi politici comunitari, nazionali e regionali per le favorevoli ricadute ambientali, principalmente rappresentate dall’aumento del sequestro del carbonio e della biodiversità nel suolo, oltreché dalla mitigazione delle emissioni di gas a effetto serra (Ghg) e del ruscellamento superficiale. In tali sistemi colturali le alternative al glifosate, con risultati spesso inferiori, sono rappresentate dal ricorso alle colture di copertura, da terminare prima della semina con interventi meccanici, essendo l’impiego delle alternative chimiche limitato all’uso di pochi graminicidi, caratterizzati da una parziale efficacia sul complesso della vegetazione presente.

È inevitabile osservare che molte delle tecniche agronomiche più innovative e di utilizzo ormai generalizzato, dalla preparazione anticipata dei letti di semina e loro pulizia alla gestione dei periodi di intercoltura per la lotta alle malerbe perenni, dalla gestione dei frutteti nelle zone scoscese non meccanizzabili all’adozione delle pratiche conservative sono state favorite nella loro diffusione dalle specifiche caratteristiche del glifosate. La sua abolizione comporterebbe quindi una rimodulazione, incerta e costosa, dell’attuale tecnica agronomica. Il glifosate in sostanza interviene non solo sul segmento “controllo delle malerbe” ma condiziona anche la gestione della conduzione del suolo (epoca di intervento, profondità, modalità di esecuzione delle lavorazioni), diventando quindi un elemento centrale del sistema colturale. Per questi aspetti le funzioni del glifosate son ben superiori a quelle di un semplice erbicida.

Strade, ferrovie, monumenti

Molto ampie sono anche le possibilità di applicazione del glifosate negli ambiti extra-agricoli, cioè quelli industriali, rurali (fossi e canali) e civili, nei quali la funzionalità, la fruibilità e il decoro delle opere e dei manufatti dipende da un efficace controllo della vegetazione infestante. Merita a questo riguardo sottolineare, soprattutto, il ruolo del prodotto nella gestione della vegetazione spontanea:

  • lungo le linee ferroviarie, allo scopo di garantire la sicurezza della circolazione (si è stimato che il ricorso ad altri erbicidi o a mezzi non chimici determinerebbe un incremento dei costi gestionali di almeno otto volte);
  • nei siti di interesse archeologico (hanno fatto storia gli interventi di bonifica ed eradicazione di piante dallo sviluppo devastante, eseguiti a Pompei e Selinunte negli anni ’90);
  • nelle aree periurbane, negli incolti e nelle aree boschive, in presenza di specie allergeniche (Ambrosia spp. e Heracleum mantegazzianum), causa di pollinosi e dermatiti, in crescente diffusione a seguito della globalizzazione e dei cambiamenti climatici. L’impiego in questi settori è stimato in circa 10 % del totale utilizzato.

In questo quadro è anche opportuno sottolineare che negli ambienti urbani, il glifosate è già da tempo, in via cautelativa, fortemente limitato nella sua applicazione. L’impiego del prodotto non è, infatti, ammesso nelle aree frequentate dalla popolazione o gruppi vulnerabili, quali parchi, giardini, campi sportivi e aree ricreative, cortili e aree verdi, interno di plessi scolastici, aree gioco per bambini e adiacenti alle strutture sanitarie.

Criticità agronomiche e ambientali

Come ogni strumento, non soltanto chimico, il glifosate, richiede un’applicazione appropriata e corretta, soprattutto per evitare il rischio di insorgenza di fenomeni di resistenza e di contaminazione delle acque. La resistenza nei confronti del prodotto riguarda nel nostro Paese soprattutto Lolium spp. e Conyza canadensis in vigneti e oliveti e occasionalmente Eleusine indica nei vivai, oltre che nei terreni a semina diretta. Il ricorso ad appropriati avvicendamenti colturali, l’alternanza dei meccanismi di azione dei diversi erbicidi e l’integrazione del mezzo chimico con altre misure a disposizione rappresentano la fondamentale strategia agronomica alla base della gestione delle malerbe per prevenire e contenere lo sviluppo delle resistenze. L’ampio spettro d’azione e la versatilità applicativa del prodotto aveva, soprattutto negli anni passati, favorito l’abbandono da parte degli agricoltori dei principi basilari della lotta integrata alle malerbe nella convinzione che con il glifosate fosse comunque possibile rimediare ai diversi problemi malerbologici.

I rapporti periodicamente pubblicati dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra) sullo stato di contaminazione delle acque da prodotti fitosanitari, evidenziano una presenza di glifosate nelle acque superficiali frequentemente superiore allo standard di qualità ambientale (Sqa), posto al livello dei limiti per le acque potabili (0,1 ug/l). Va, a questo riguardo, osservato che le concentrazioni riscontrate presentano, comunque, un rischio effettivo molto limitato per gli organismi acquatici, risultando significativamente inferiori ai limiti della “Concentrazione regolamentare accettabile” (Rac), stabilita a livello europeo per il glifosate. Nonostante ciò, la tutela della qualità delle acque rimane una priorità da perseguire attraverso l’uso attento e ragionato dell’erbicida e dei vari mezzi chimici impiegabili nella produzione agricola. Con l’adozione convinta e generalizzata delle diverse misure disponibili per la mitigazione del rischio di ruscellamento (ad esempio: taratura delle irroratrici, corretto dosaggio e periodo di intervento, inserimento di fasce di sicurezza, limitazione della deriva, impiego dei biobed), come previsto dal Piano di Azione Nazionale (Pan) si è generalmente in grado di contenere la contaminazione delle acque entro i limiti stabiliti dalle normative in vigore.

Spesso la contaminazione delle acque superficiali è legata all’uso di glifosate sugli argini dei canali e dei fossi. Per questo tipo di utilizzo è indispensabile rispettare l’intervallo di un mese tra la distribuzione e l’immissione dell’acqua, come prescritto nell’etichetta dell’erbicida.

La presenza di glifosate risulta, invece, piuttosto limitata nelle acque profonde. In queste la contaminazione si evidenzia solo quando particolari condizioni meteorologiche (piogge intense subito dopo la distribuzione) e pedologiche (terreni sabbiosi, ricchi di fosforo o ben strutturati) si aggiungono a scorrette modalità di impiego del prodotto (dosi di impiego eccessivamente alte ed epoche di applicazione errate) come è stato anche evidenziato da uno studio pubblicato di recente. Il corretto impiego in accordo con le indicazioni riportate nell’etichetta e secondo le buone pratiche agronomiche, oltre a garantire l’efficacia del prodotto, consente di contenere gli eventuali rischi di impatto dell’erbicida sulla biodiversità, un aspetto attualmente non del tutto definito nel rapporto dell’Efsa, per insufficienza di elementi sperimentali.

Conclusioni

Il glifosate costituisce, ancora oggi, un fondamentale strumento per la gestione della vegetazione spontanea in numerosi settori agricoli ed extra-agricoli. Nei diversi ambiti applicativi, nessun altro erbicida attualmente disponibile è in grado di fornire, da solo, prestazioni nel complesso equivalenti in termini di spettro d’azione, versatilità d’impiego ed economicità.

Nella maggior parte delle condizioni operative risultati analoghi potrebbero essere ottenuti solo con l’uso di miscele di erbicidi, con caratteristiche complementari e, più comunemente, con l’impiego separato di prodotti non utilizzabili insieme a causa delle loro specifiche caratteristiche formulative o esigenze legate alla diversa epoca di applicazione. Allo stesso modo si potrebbe, in alternativa, far ricorso a mezzi fisici o meccanici, per i quali sarebbe però generalmente richiesta la ripetizione dell’intervento, o agroecologici (es. cover crop) più complessi nella loro applicazione e meno risolutivi.

In tutti questi casi, le soluzioni alternative al glifosate renderebbero la gestione delle malerbe più onerosa in termini economici e organizzativi (necessità di una più ampia disponibilità di attrezzature meccaniche e di un maggior impegno di manodopera). Va tuttavia osservato che, così come appare irragionevole dal punto di vista tecnico agronomico rinunciare all’uso del glifosate a favore di strumenti alternativi, altrettanto irrazionale risulterebbe, nella maggior parte delle realtà operative, affidarsi all’uso esclusivo e ripetuto dell’erbicida, per il conseguente rischio di induzione di fenomeni di resistenza nelle malerbe e di contaminazione delle acque.

In questo quadro c’è da augurarsi che, a seguito delle decisioni delle sanitarie europee sul rinnovo dell’autorizzazione del prodotto, cessi anche il clima di contrapposizione ideologica a totale favore o contrarietà preconcetta nei confronti dell’erbicida e, più in generale, dei prodotti fitosanitari, con il sostegno, anche, degli organismi di ricerca, e dei vari componenti della filiera agroalimentare per lo sviluppo di normative e linee guida per la transizione verso un’agricoltura, produttiva, sostenibile e “realmente” integrata.

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