La chiave per un’agricoltura sostenibile? Tecnologie e genomica, parola di innovatrice
La grande sfida dell’agricoltura contemporanea risiede nel trovare un giusto compromesso tra sostenibilità ambientale ed economica. Un grande aiuto in questo senso può arrivare da scienza e innovazione. Ne abbiamo parlato con Deborah Piovan, imprenditrice agricola, esperta di biotecnologie applicate all’agricoltura e divulgatrice scientifica.
L’agricoltura è chiamata oggi a combattere e vincere una sfida tutt’altro che semplice: coniugare la tutela dell’ambiente con la necessità di preservare la produttività dei terreni. Sono ancora numerose, infatti, le minacce, come ad esempio parassiti, erbe infestanti, malattie, che possono mettere a rischio i raccolti che con tanta fatica e impiego di risorse gli agricoltori coltivano.
Dati della FAO stimano che ogni anno il 40% dei prodotti si rovini in campo o nel post-raccolta a causa di una non adeguata protezione.
Ma come fare per coltivare la terra in modo sostenibile e al tempo stesso efficace? Lo abbiamo chiesto a Deborah Piovan, imprenditrice agricola, esperta di biotecnologie applicate all’agricoltura e divulgatrice scientifica.
“La mia personale risposta a questa domanda si trova nella scienza e nell’innovazione: da sempre ne sono affascinata e ho scelto di fare l’agricoltrice perché questo lavoro mi permette di unire il mio amore per la scienza all’attività di imprenditrice, che trovo essere estremamente sfidante. È anche una questione di “cuore”, però: con le mie due sorelle ho la fortuna di gestire, ormai da quasi trent’anni l’azienda agricola che è proprietà della nostra famiglia da ben tre generazioni”.
Scienza e innovazione: ci può fare qualche esempio?
“L’innovazione si può vedere in alcuni aspetti della gestione dell’azienda agricola. Nel noceto, in particolare, si trovano alcune delle più interessanti tecnologie: trappole per la cattura degli insetti nocivi, guidate dall’intelligenza artificiale per essere il più efficaci possibile nel monitorare lo sviluppo della loro popolazione; dispositivi per la lotta ai parassiti attraverso la confusione sessuale, una tecnologia che rende più difficile per gli insetti trovarsi e accoppiarsi; una centralina agrometeorologica che monitora le condizioni ambientali e consente di prevedere lo sviluppo di alcune malattie fungine e delle popolazioni degli insetti.
La crisi climatica rappresenta una delle sfide più complesse per l’agricoltore oggi: ci dobbiamo misurare con eventi meteorologici avversi più violenti e più frequenti e, al tempo stesso, con lunghi periodi di siccità. Inoltre, il generale aumento delle temperature ha effetti negativi sul ciclo delle piante e delle malattie che le attaccano e su quello degli insetti.
Un’altra innovazione particolarmente utile è l’applicazione del digitale alla distribuzione dei fattori di produzione in agricoltura. Grazie alla tecnologia, ad esempio, possiamo controllare in tempo reale la salute delle diverse piante nel campo e usare gli agrofarmaci in maniera mirata, solo quando ce ne sia effettivamente bisogno”.
Come immagina il futuro dell’agricoltura, quale sarà la prossima “rivoluzione”?
“Fortunatamente, abbiamo a disposizione molti strumenti innovativi: tra tutti, quello a mio avviso più utile è il miglioramento genetico. Gli agricoltori e i genetisti hanno da sempre lavorato per aumentare la qualità e la quantità del prodotto e oggi abbiamo tecniche di biologia molecolare che ci permettono di migliorare le piante agendo direttamente a livello di DNA. Si tratta delle Tecniche di Evoluzione Assistita (TEA) che consentono, ad esempio, di intervenire spegnendo i geni di suscettibilità ad alcune malattie fungine o sviluppare piante che tollerino meglio terreni dove c’è una concentrazione salina più alta della norma o condizioni di siccità. Queste tecniche non vanno confuse con gli organismi geneticamente modificati (OGM): con le TEA non si aggiunge materiale genetico estraneo alla pianta ma semplicemente si introducono piccole mutazioni o “spengono” geni che ha già, con l’obiettivo di renderla più sana, più forte”.
Vivremo, quindi, in un’epoca “post-chimica”?
“Tutte queste innovazioni portano, in un modo o nell’altro, a un impiego più ridotto e mirato della chimica in agricoltura. Credo, però, che in futuro gli agrofarmaci saranno ancora utili e importanti per l’attività di produzione agricola: grazie al miglioramento genetico e alle tecnologie digitali potremo utilizzarli in modo più efficiente e mirato ma per contrastare specifiche malattie o parassiti rimarranno uno strumento indispensabile.
Per questo penso che già oggi sia possibile parlare di agricoltura sostenibile, a patto, però, che agli agricoltori sia concesso di poter lavorare con tutti gli strumenti che la ricerca e l’innovazione mettono a disposizione per rispondere alle tante sfide che abbiamo di fronte”.