Giovane agricoltrice al lavoro in una serra

Donne che coltivano il futuro: dodici storie di vita tra campi e scienza

Deborah Piovan, agricoltrice e divulgatrice, ha condensato in un libro le testimonianze di 12 donne coinvolte in modo diretto e indiretto nell’agricoltura e nelle scienze ad essa collegatE: “Agricoltura femminile singolare. Donne che coltivano il futuro”

Deborah Piovan è un’agricoltrice con laurea in scienze agrarie e un diploma in tema di biotecnologie, conseguito contemporaneamente alla Scuola Superiore di Studi Universitari Sant’Anna di Pisa. Il tutto a dispetto dell’immaginario collettivo che spesso dipinge gli agricoltori come lavoratori per lo più manuali, per giunta sempliciotti. Al contrario, la figura dell’imprenditore agricolo si è drasticamente modificata nel tempo, soprattutto negli ultimi trent’anni, facendo emergere prima e valorizzando poi competenze tecnico scientifiche di alto profilo.

Esempio di ciò è proprio Deborah Piovan, la quale aggiunge a tale evoluzione un dettaglio tutt’altro che trascurabile: è una donna. Non che le donne non si siano mai occupate di agricoltura, anzi. Solo che nel computo complessivo delle attività nei campi il sesso maschile risulta storicamente predominante. O meglio, risultava, poiché l’attuale composizione di genere delle pratiche agricole ha virato con decisione al femminile. Per dare prova di tale metamorfosi, Deborah Piovan ha quindi deciso di condensare in un libro 12 testimonianze di altrettante donne che sono legate all’agricoltura, direttamente o indirettamente, rivestendo ruoli e personalità diverse, ma tutte con il medesimo sguardo al futuro.

E così, da Ines ad Anita, passando cioè da un’anziana contadina che per timidezza non ha voluto venisse citato il suo cognome, a una giovane imprenditrice specializzanda in America, il libro di Deborah Piovan si snoda attraverso le testimonianze di scienziate come Elena Cattaneo, ora senatrice a vita, ma anche di giornaliste scientifiche come Anna Meldolesi, ricercatrici universitarie come Vittoria Brambilla, manager come Catherine Langat. E poi docenti, imprenditrici agricole, responsabili di ong internazionali.

Perché l’agricoltura sarà pure sostantivo singolare femminile, ma le donne che sempre più la rappresentano sono davvero tante. E sarà bene in futuro dare loro più spazio, a partire da Deborah Piovan e da ciò che ha raccontato ad AgriScienza:

Due anni fa ho avuto una lunga chiacchierata con un’anziana contadina veneta. Ho ascoltato i suoi ricordi della vita di settant’anni fa. Mi ha raccontato di come lei e i suoi fratelli dovessero zappare due file di mais o di barbabietole prima di andare a scuola, dove andavano scalzi in qualunque stagione, con le scarpe in mano per non rovinarle. Mi ha fatto ricordare i racconti delle mie nonne, storie di fame e fatica. Ho capito che questo è ciò da cui tutti noi veniamo, ma lo stiamo dimenticando. Così ho deciso che quello su di lei sarebbe stato il primo capitolo di un libro che avrebbe raccontato perché l’innovazione è indispensabile al processo di produzione del cibo, un libro in cui intervisto dodici donne provenienti da varie parti del mondo e che di cibo si occupano a vario titolo. Ci sono agricoltrici, ricercatrici, giornaliste, operatrici di ong. Alcune piuttosto conosciute, come la senatrice a vita Elena Cattaneo, la giornalista scientifica Anna Meldolesi, la ricercatrice Vittoria Brambilla; altre sconosciute, ma con delle storie appassionanti che meritano di essere conosciute.

È un libro che vuole essere un viaggio dietro le quinte del percorso che porta al cibo, per aiutarci a capire perché in un mondo in continuo cambiamento è sbagliato fermarsi e smettere di innovare. Donne perché? Per bilanciare un racconto che, nella società, vede ancora protagonisti prevalentemente gli uomini. Mi interessava offrire modelli, testimonianze, esempi alle ragazze e alle bambine; ma anche ai ragazzi. Nel Gender Equality Index dell’UE l’Italia è ancora sotto la media europea, soprattutto nel campo del lavoro. Credo che le pari opportunità saranno raggiunte quando sarà normale vedere donne in ogni posizione lavorativa, politica e sociale: finché saranno una minoranza agli occhi di bambine e bambini appariranno soprattutto uomini, e questo, per una società, è segno che c’è ancora qualcosa che non va. È necessario dunque raccontare storie di donne affinché ogni bambina possa autorizzarsi ad ambire a qualunque ruolo e posizione.

Inoltre, mi interessava raccontare l’agricoltura. La gente ha paura di quello che gli agricoltori producono, ha paura di quel che mangia, è stata spaventata dal marketing della paura. È una strategia che funziona molto bene e fa vendere, sia nel commercio, sia nella politica, sia nel giornalismo, ma causa grossi danni alla società perché, frenando la ricerca, ostacola il processo di innovazione verso un’agricoltura sempre più sostenibile. È questo un tema che nel libro tocco con molte delle protagoniste, perché mi sta molto a cuore e mi preoccupa.

Attraverso il racconto di queste donne, della loro passione, delle loro paure, dei loro fallimenti e successi, spero di mostrare a lettori e lettrici che dietro la ricerca, le biotecnologie, l’agricoltura ci sono competenze e serietà. Spero di mostrare che la realtà è più complessa di come certi messaggi semplicistici tentano di dirci, e che vale la pena di approfondirla. Spero insomma di suscitare curiosità verso l’agricoltura”.

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