L'impianto agrivoltaico di Castelvetro (MN)

Le opportunità dell’agrivoltaico italiano

L’agrivoltaico può rappresentare una grande opportunità per il sistema agroalimentare italiano. Ma cos’è esattamente un sistema agrivoltaico? E come funziona? Ne abbiamo parlato con Alessandra Scognamiglio di ENEA

Cosa significa “agrivoltaico”?

Darne la definizione è complesso”. Inizia così la nostra chiacchierata con Alessandra Scognamiglio, ricercatrice di ENEA (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile) e coordinatrice della Task force AgrivoltaicoSostenibile@Enea[1].

L’agrivoltaico è un approccio nuovo ed evoluto – ci spiega Scognamiglio- che al momento non è regolamentato in maniera completa. Si è in attesa di un decreto ministeriale che stabilisca un consolidamento normativo e ne incentivi la diffusione. Esistono delle Linee Guida[2] diffuse dall’ex Ministero della Transizione Ecologica (ora Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica) che lo definiscono un impianto fotovoltaico che adotta soluzioni volte a preservare la continuità delle attività di coltivazione agricola e pastorale sul sito di installazione. È dunque un sistema in cui si ha una relazione sinergica tra un sistema agronomico e un impianto fotovoltaico. Nella configurazione di agrivoltaico elevato i moduli devono essere posti a un’altezza dal suolo tale da garantire lo svolgimento delle attività agricole e zootecniche con l’utilizzo dei macchinari necessari e la garanzia della sicurezza per gli operatori”.

Con un sistema agrivoltaico evoluto, cioè con moduli orientabili e inclinabili, si possono praticare moltissimi tipi di colture, dagli alberi da frutto alle orticole, fino al mais. L’ombra prodotta dai moduli può riparare le colture sottostanti sia dal sole intenso delle ore più calde estive sia dalla grandine e dalla pioggia nei giorni di maltempo.

Un sistema agrivoltaico deve garantire l’efficienza sul piano energetico e su quello agronomico. In generale, la prestazione legata al fotovoltaico e quella legata alle attività agricole possono risultare divergenti, poiché le soluzioni ottimizzate per la massima captazione solare da parte del fotovoltaico, possono generare condizioni meno favorevoli per l’agricoltura e viceversa. Ad esempio, un eccessivo ombreggiamento sulle piante può generare ricadute negative sull’efficienza fotosintetica e sulla produzione.

Scognamiglio ci tiene a precisare che: “è dunque importante fissare dei parametri e definire bene i requisiti per conseguire prestazioni ottimali per entrambi i sistemi che devono coesistere in maniera sinergica. Ad esempio, la distanza, l’altezza, l’inclinazione, la tipologia dei moduli e dei sistemi sono elementi da valutare con precisione per rendere il sistema produttivo su tutti i fronti”.

L’utilizzo della stessa superficie, inoltre, per produrre energia pulita e per coltivare consente un uso efficiente del suolo, evitandone del tutto il consumo in certe configurazioni di impianto (elevato) o di ridurlo in altre (interfilare).

Un sistema vantaggioso per tutti

I sistemi agrivoltaici presentano una serie di vantaggi, primo fra tutti, un beneficio economico per l’agricoltore che, in un’annata poco redditizia per il raccolto, può beneficiare comunque degli introiti derivanti dalla produzione e vendita dell’energia.

In base alle stime elaborate grazie alla banca dati del CREA[3] (Consiglio per la Ricerca in agricoltura e l’analisi dell’Economia Agraria), i costi di approvvigionamento energetico a carico delle aziende agricole, includendo anche le fonti fossili per carburante e combustibile, rappresentano il 20/30% dei costi variabili. Pertanto, gli investimenti dedicati all’efficientamento energetico e alla produzione di energia rinnovabile, anche per l’autoconsumo, si traducono in un abbattimento di costi in grado di innalzare, anche sensibilmente, la redditività agricola e migliorare la competitività. Per un imprenditore con un’azienda di dimensioni ridotte l’investimento tecnologico ed economico è importante, non sempre sostenibile.

Il PNRR (Piano nazionale di ripresa e resilienza) prevede di incentivare gli investimenti dedicati allo sviluppo degli impianti agrivoltaici avanzati – continua Scognamiglio – Siamo in attesa del decreto attuativo che destinerà 1,1 miliardi di euro alle imprese che costruiranno impianti avanzati dal punto di vista tecnologico”.

In Italia la superficie agricola utilizzata è pari a 12.598.161 ettari, cioè 41,8% dell’intera superficie nazionale. Se solo lo 0,32% dei terreni agricoli fosse coperto da impianti solari, il 50% degli obiettivi del PNIEC[4] (Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima del Ministero dell’Ambiente) sarebbe soddisfatto. L’Unione europea ci chiede, infatti, di arrivare al 2030 con una potenza da energia fotovoltaica pari a 52 GW (al momento siamo a circa 25 GW). I sistemi agrivoltaici rappresentano senza dubbio una delle soluzioni da impiegare per mettere in atto (in fretta) la transizione ecologica.

La ricerca scientifica

 Dal punto di vista della ricerca scientifica e tecnologica – precisa Scognamiglio – l’ENEA sta lavorando insieme a partner internazionali al progetto SYMBIOSYST[5], finanziato dal programma europeo Horizon, che ha l’obiettivo di utilizzare il fotovoltaico di ultima generazione, l’intelligenza artificiale e le attività agricole per incrementare la produzione da fonti rinnovabili senza ulteriore consumo di suolo, con benefici in termini economici e di tutela del paesaggio, in linea con gli obiettivi europei di neutralità climatica al 2050. L’agrivoltaico sostenibile può essere considerato come una soluzione sartoriale, che risponde a una generale visione sistemica dei vari sottosistemi coinvolti e che adatta una metodologia generale a specifici contesti territoriali, e cioè a diversi paesaggi, comunità e sistemi economici. Il territorio italiano è un mosaico di paesaggi che va salvaguardato nella sua eterogeneità e peculiarità. Il progetto prevede proprio uno sviluppo di agrivoltaico su misura, basato però sull’impiego di un numero limitato di soluzioni tecnologiche, in maniera da contenere i costi”.

L’unicità italiana

 L’Italia ha grandi potenzialità in questo settore in pieno sviluppo. Il nostro Paese spicca, insieme a Germania e Francia. “Del resto – ci tiene a sottolineare con orgoglio Alessandra Scognamiglio – noi abbiamo una marcia in più per due motivi: primo, perché in Italia, grazie al PNRR l’agrivoltaico godrà di un investimento importante. Seconda ragione, siamo stati i primi a creare un network (Rete Nazionale Agrivoltaico Sostenibile) che conta al momento oltre 1000 aderenti, e poi un’associazione dedicata, l’Associazione Italiana Agrivoltaico Sostenibile (AIAS), che è nata per iniziativa di alcuni soggetti imprenditoriali e della quale ENEA ha poi assunto la presidenza, che conta circa 70 soci tra aziende, enti di ricerca, istituzioni e associazioni sul territorio”.

Nel nostro territorio esistono da qualche anno impianti che utilizzano il brevetto Agrovoltaico® sviluppato da REM Tec[6] che ha ottenuto risultati già testati e misurabili. Gli studi realizzati in collaborazione con l’Università di Piacenza e l’esperienza maturata su diversi impianti a partire dal 2011, ha consentito di “mettere in campo” un sistema efficiente che permette l’incremento della resa agricola, grazie allo specifico ombreggiamento generato dai moduli fotovoltaici, riducendo lo stress termico sulle colture.

A Castelvetro (Mantova) e a Monticelli D’Ongina (Piacenza) esistono impianti con moduli per l’inseguimento solare, installati a un’altezza di 4,5 metri dalle coltivazioni e con una distanza di 12 metri l’uno dall’altro. In questi contesti e con specifici parametri, è stato dimostrato un incremento della resa nella produzione di cereali e, al contempo, una produzione di energia rinnovabile pari a oltre il 30% del fabbisogno energetico locale.

A Laterza, in provincia di Bari, è stato sperimentato con successo l’agrivoltaico su una coltivazione di vite da vino per la produzione di Falanghina. Comparando le rese dei raccolti, avvenuti sia all’interno sia all’esterno del perimetro agrivoltaico, sono stati osservati un incremento della resa a ceppo e a ettaro per le viti sotto copertura fotovoltaica, ma anche un risparmio idrico, considerando il maggior grado di umidità che rimane nel suolo soprattutto a livello delle radici. I moduli infatti abbassano la temperatura dell’aria rendendo il microclima più favorevole con un migliore sviluppo vegetativo delle piante.

Questi sono solo alcuni esempi, ne esistono in tante regioni. L’Italia ha dunque tutte le carte in regola per diventare leader in questo settore, i prossimi anni saranno cruciali per cogliere tutte le opportunità offerte dal PNRR. La tecnologia è matura, ora si tratta di “portarla in campo”, anche attraverso un’opportuna perimetrazione normativa che consenta di svilupparne a pieno le potenzialità.

NOTE

[1] Per maggiori informazioni sulla task force di ENEA, si veda: https://www.enea.it/it/Stampa/news/energia-enea-lancia-la-prima-rete-nazionale-per-agrivoltaico-sostenibile

[2] Al seguente link è possibile consultare le Linee Guida del Ministero: https://www.mase.gov.it/sites/default/files/archivio/allegati/PNRR/linee_guida_impianti_agrivoltaici.pdf

[3] Per maggiori informazioni, si veda: https://rica.crea.gov.it

[4] È possibile consultare gli obiettivi del PNIEC al seguente link: https://www.mise.gov.it/images/stories/documenti/WEB_ENERGIACLIMA2030.pdf

[5] Per maggiori info sul progetto SYMBIOSYST, si veda https://www.media.enea.it/comunicati-e-news/archivio-anni/anno-2023/energia-intelligenza-artificiale-al-via-progetto-per-agrivoltaico-su-misura.html

[6] Qui un’overview del brevetto di REM Tec: https://remtec.energy/agrovoltaico 

 sul Gruppo SeTA, vedi: https://www.setanet.it/chi-siamo/

[3] L’analisi del Gruppo SeTA è consultabile al seguente link: https://www.agrariansciences.it/2023/03/atlante-dei-pesticidi-unanalisi-critica.html

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